Parte la messa in sicurezza dell’area in provincia di Frosinone, contaminata a causa degli sversamenti illegali nel fiume Sacco, cui si aggiungono interramenti sospetti di rifiuti. Politicamente, si tratta del primo atto concreto d’intesa con il governo messo a segno da Zingaretti nella duplice veste di governatore del Lazio e di segretario nazionale del Pd
La bonifica della Valle del Sacco può (ri)partire. Il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, e il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, hanno sottoscritto stamane un protocollo d’intesa che anticipa un finanziamento di 53,6 milioni di euro per la messa in sicurezza dell’area in provincia di Frosinone, da anni fortemente contaminata a causa degli sversamenti illegali nel fiume Sacco, cui si aggiungono interramenti sospetti di rifiuti. Politicamente, si tratta del primo atto concreto d’intesa con il governo gialloverde messo a segno da Zingaretti nella duplice veste di governatore del Lazio e di segretario nazionale del Partito Democratico. “E se funziona – ha riferito Costa – può diventare un modello per gli altri 40 siti simili presenti in tutta Italia”. “Questo accordo per la bonifica della Valle del Sacco è un successo per il territorio, ora si passi a realizzare velocemente caratterizzazioni e bonifiche previste, pianificando subito i passi successivi”, ha detto Simone Ciafani, presidente nazionale di Legambiente.
I termini dell’accordo – La Regione Lazio, ente beneficiario delle risorse, sarà responsabile del controllo e del monitoraggio per la realizzazione degli interventi e potrà ricorrere “sia alla forma della gestione diretta sia all’affidamento di prestazioni di servizio e di lavori all’esterno”, incluse le proprie società in house come Lazio Ambiente, “nel rispetto delle disposizioni comunitarie e nazionali in materia”. “Cinquantatré milioni sono una cifra significativa, di cui 23 già individuati con le progettazioni – ha detto il ministro Costa – Gli altri 30 permettono di ricalibrare ciò che arriverà per intervenire strada facendo nei 4 anni. Si dà subito il 10 per cento ai Comuni e il restante 85% a stato avanzamento lavori”.
A cosa serviranno i fondi – I fondi serviranno, in particolare, per la messa in sicurezza e caratterizzazione di aree pubbliche o private individuate all’interno del perimetro dell’area inquinata e il monitoraggio delle acque “per uso potabile, domestico e per uso agricolo” per tutte le porzioni di territorio dei vari Comuni interessati che vi si trovano. Inoltre, oggetto dell’accordo, è anche l’avvio “in tempi certi e brevi” degli interventi relativi alla bonifica del suolo, sottosuolo ed acque sotterranee nell’area e, nello specifico, “degli interventi di natura pubblica presentati e richiesti dalle amministrazioni Comunali interessate”. Infine si prevede anche l’istituzione di un Comitato tecnico composto da un rappresentante del ministero dell’Ambiente che svolgerà anche le funzioni di presidente, nonché di tre rappresentanti, rispettivamente, della Regione Lazio, di Ispra e di Arpa Lazio per assicurare massima trasparenza e partecipazione.
30 anni di sversamenti e disastri ambientali – La triste vicenda della Valle del Sacco era tornata d’attualità nel dicembre scorso, quando il fiume Sacco si era riempito di una schiuma bianca, mettendo in allarme tutta l’area del frusinate. Ne scattò un’inchiesta per “disastro plurimo” che la Procura di Frosinone sta portando avanti tuttora, mentre l’Arpa Lazio rilevò nelle acque del Sacco e dell’affluente Alabro un quantitativo di solventi di 8 volte superiore ai livelli consentiti. Un episodio probabilmente determinante a far accelerare l’iter già iniziato presso il ministero dell’Ambiente. Nel 2006, all’indomani del ritrovamento di decine di carcasse di mucche lungo le rive del fiume, il governo Prodi decise di nominare l’allora presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, commissario dell’emergenza, riversando da allora nelle casse regionali almeno 20 milioni di euro di fondi per la bonifica, mai davvero partita, nonostante le promesse delle amministrazioni di turno.
Il riconoscimento del Sin – Ultimamente, l’amministrazione Zingaretti era riuscita a ottenere il riconoscimento di Sin (Sito d’Interesse Nazionale), così da agevolare l’arrivo dei fondi e guadagnare regole più stringenti per le industrie del posto, da sempre le principali accusate del disastro ambientale. Dell’inquinamento in provincia di Frosinone, ne aveva parlato nel 1996 – ma i verbali sono stati desecretati da poco – anche l’ex boss e pentito Carmine Schiavone, scomparso di recente, protagonista delle rivelazioni legate alla Terra dei Fuochi del casertano. “Vogliamo ridare al territorio un nuovo modello di sviluppo, fondato sulla sostenibilità e la crescita di collaborazione con il ministero – ha dichiarato Zingaretti – ma grazie anche al protagonismo dei sindaci chiameremo tutti, anche gli amministratori, le imprese innovative che vorranno fare della sostenibilità ambientale un punto di forza, che possano essere partecipi della rinascita di questa fetta di territorio così martoriato”.