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Transizione ecologica: il nuovo ministero, i fondi del PNRR, le istanze ambientaliste

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Il nuovo governo guidato da Mario Draghi avrà un ministero della Transizione ecologica. Ad annunciarlo sono state ieri sera le associazioni ambientaliste GreenPeace Italia, WWF e Legambiente, a margine dell’incontro che si è svolto con il Presidente del Consiglio incaricato.

In attesa di conferme ufficiali si fanno ipotesi sulle competenze che assumerà il nuovo dicastero: dipenderà dal ministero dell’Ambiente, dallo Sviluppo economico, o verranno accorpati in un unico dicastero? Di sicuro avrà responsabilità importanti nella gestione di parte dei fondi che arriveranno all’Italia attraverso il Recovery Fund istituito dall’Unione Europea.

Plaudono gli ambientalisti, che finalmente vedono riconosciuto l’interesse per la transizione verso una società più sostenibile: “Serve allineare il Recovery Plan italiano al Green Deal europeo con obiettivi più ambiziosi, una nuova stagione di semplificazioni, partecipazione territoriale e controlli efficaci”.

Una nota di perplessità da Fise Assoambiente: “Credo che l’accorpamento dei ministeri dell’Ambiente e Sviluppo economico sia una buona cosa – dice il presidente Chicco Testadiscussa tante volte ma mai andata in porto perché nessuno ha mai voluto rinunciare ad uno dei due ministeri”. Un ministero per la transizione ecologica però, secondo Testa, sarebbe molto impegnativo, per questo “sarebbe più opportuno un punto di coordinamento forte presso la presidenza del consiglio per coordinare le attività e per superare le diverse conflittualità tra le amministrazioni dello stato”.

Il nuovo ministero della Transizione ecologica

Come ricordato oggi da Il Post, l’istituzione di un ministero per la Transizione ecologica era stata proposta qualche giorno fa da Rossella Muroni, deputata di Liberi e Uguali da tempo impegnata sui temi ambientali e vicina ai movimenti. Il movimento Fridays For Future aveva a sua volta scritto una lettera a Mario Draghi in cui chiedeva di porre al centro del nuovo governo una “profonda riconversione ecologica”. Durante le consultazioni, infine, la proposta del ministero era stata avanzata quasi come condizione da Beppe Grillo e dal M5S, che l’aveva ribadita più volte sui social con post e video.

Oggi esiste già un dipartimento per la Transizione ecologica e gli investimenti verdi, fa parte del ministero per l’Ambiente guidato da Sergio Costa. Come si legge sul sito, il dipartimento “cura le competenze del ministero in materia di economia circolare, contrasto ai cambiamenti climatici, efficientemento energetico, miglioramento della qualità dell’aria e sviluppo sostenibile, cooperazione internazionale ambientale, valutazione e autorizzazione ambientale e di risanamento ambientale”.

Ancora non è chiaro quali competenze potrebbe far convergere il nascente ministero della Transizione ecologica. Potrebbe unire gli attuali ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico, oppure potenziare il ministero dell’Ambiente, con nuove competenze in politica energetica e maggiori fondi a disposizione. Soprattutto quelli previsti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), cioè il programma di spesa dei fondi del Recovery Fund.

Infatti, per accedere ai fondi del programma Next Generation EU, cioè i circa 210 miliardi di euro che arriveranno all’Italia dall’Unione Europea, è necessario che il PNRR sia in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo e su alcuni principi fondamentali. Tra questi proprio la transizione ambientale, per la quale l’ultima versione del Piano redatto dal secondo governo Conte prevede di stanziare 67,5 miliardi di euro.

Gli esempi europei

Un ministero della Transizione ecologica esiste già in Francia e in Spagna. E pure in Svizzera. In Francia si chiama ministero della Transizione Ecologica e Solidale e si occupa di politiche di protezione ambientale, ma anche di trasporti, energia, politiche abitative e di difesa della biodiversità e gestisce quasi 50 miliardi di euro.

In Spagna, il vecchio ministero dell’Ambiente ormai si chiama ministero per la Transizione ecologica e la Sfida demografica (Miteco). Anche in questo caso le competenze ricadono sia in materia strettamente ambientale che economica. Due i suoi attuali obiettivi: una legge sui cambiamenti climatici e la creazione di un piano energetico.

In Svizzera, il ministero si chiama Datec e riunisce ambiente, trasporti, energia e comunicazioni.

Le associazioni ambientaliste da Draghi

Politiche ambientali e climatiche, Recovery Plan italiano e Green Deal europeo sono stati al centro dell’incontro di Mario Draghi con le associazioni ambientaliste, avvenuto ieri. Un incontro che aveva un unico precedente – Pier Luigi Bersani nel 2013 – ma molte aspettative.

“L’Europa ha deciso di rivoluzionare e decarbonizzare l’economia continentale e sta chiedendo al nostro Paese di individuare progetti all’altezza e approvare le riforme necessarie per non mancare l’occasione del Next Generation EU, evitando gli errori del passato. L’Italia non perda questa importante occasione per diventare più verde, moderna e sostenibile. Confidiamo nel dialogo aperto in questa fase dal Premier incaricato Mario Draghi che ha deciso di ascoltare anche le voci e le proposte delle tre principali associazioni ambientaliste. Ci auguriamo che il lavoro del prossimo esecutivo sia davvero caratterizzato su politiche trasversali centrate sulla transizione ecologica”. È questo il messaggio che Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia hanno portato al Presidente del Consiglio incaricato.

“Siamo rimasti favorevolmente colpiti dalla centralità che Draghi vuole dare ai temi ecologisti e alla trasformazione verde – ha dichiarato la presidente del WWF Donatella BianchiLa buona notizia è che ci sarà un ministero della Transizione ecologica dove le competenze ambientali saranno ulteriormente rafforzate, perché per guidare e gestire questa transizione sarà necessario un ministero forte, autorevole e competente”. È lei la prima ad annunciare il nuovo ministero.

Ivan Novelli, presidente di Greenpeace Italia, ha aggiunto che “in Italia la politica non ha mai considerato l’emergenza climatica come una priorità. L’approccio del presidente Draghi va in tutt’altra direzione”. Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, ha a sua volta spiegato che “le risorse sono tante e devono essere spese tutte e bene con i progetti giusti: con eolico e fotovoltaico, con impianti per l’economia circolare” aggiungendo di aver “sottolineato la necessità di snellire la burocrazia, rafforzare i controlli ambientali e professionalizzare la pubblica amministrazione. Le sue parole ci fanno ben sperare”.

All’incontro sono state approfonditi alcuni temi specifici, dallo sviluppo delle rinnovabili all’economia circolare, dalla mobilità sostenibile all’innovazione industriale, dall’agroecologia alle aree protette. Ecco i dettagli, illustrati su La Nuova Ecologia, organo ufficiale di Legambiente.

Lotta alla crisi climatica

Sulla lotta alla crisi climatica alla luce dei nuovi obiettivi europei di riduzione delle emissioni di CO2 che alzano gli obiettivi di riduzione dal 40% al 55% entro il 2030 è fondamentale rivedere il Piano nazionale integrato energia e clima (PNIEC) e definire nuovi target, molto più ambiziosi, sulle rinnovabili. Il necessario innalzamento degli obiettivi implica una forte crescita del contributo del fotovoltaico e dell’eolico, e dunque la necessità di ripianificare gli interventi previsti sulla rete elettrica e sugli accumuli per lo stoccaggio dell’elettricità.

Per raggiungere gli obiettivi climatici al 2030 è però necessario sbloccare il settore delle rinnovabili, la cui velocità di espansione deve crescere di 5-6 volte rispetto alla situazione attuale, con misure di semplificazione e accelerazione delle procedure autorizzative dei nuovi impianti, per i rifacimenti degli impianti esistenti, in particolare per l’eolico, promuovendo anche lo sviluppo dell’eolico offshore, specie di quello galleggiante, e dell’agrivoltaico che garantisce la convivenza tra produzione agricola ed energia solare. Oltre alla necessaria approvazione del Piano nazionale di adattamento climatico è anche necessario procedere celermente ad una riforma fiscale in senso ambientale, che preveda in primis l’eliminazione graduale dei sussidi ambientalmente dannosi, garantendo una giusta transizione alle categorie produttive e ai lavoratori oggi impegnati sul fronte delle fossili.

Economia circolare

Per fronteggiare la strutturale carenza di materie prime e diffondere su tutto il territorio nazionale le esperienze uniche nel panorama mondiale che il nostro Paese può vantare, è fondamentale sviluppare al massimo tutte le potenzialità dell’economia circolare,  con la creazione di  un Fondo che serva a finanziare prioritariamente progetti che riguardano i flussi di materiali e le azioni indicate nel nuovo Piano europeo per l’economia circolare dell’11 marzo 2020 con particolare riguardo agli interventi dedicati alla simbiosi industriale, al riciclo chimico, al riciclaggio dei rifiuti, all’attivazione di sistemi di riutilizzo di prodotti a quelli che producono compost e biometano, perché per tendere all’opzione “rifiuti zero” a smaltimento realizzando anche impianti con cui recuperare materia e produrre energia rinnovabile.

Mobilità sostenibile

La mobilità nelle città deve ripartire da un forte impulso al trasporto pubblico moderno, puntuale e a emissioni zero, alla realizzazione di spazi esclusivi e sicuri per chi si sposta in bici o sui mezzi della micromobilità elettrica, alla diffusione delle colonnine di ricarica e delle auto elettriche, dando priorità all’accesso alla nuova mobilità nelle periferie.

In quella extraurbana va sostenuta una massiccia “cura del ferro”, che permetta a milioni di pendolari di muoversi in modo civile su treni nuovi, frequenti e puntuali, e alle merci di spostarsi nel Paese passando dal mare alle città, scendendo dalle navi porta container e salendo su treni che le fanno arrivare nei centri urbani senza viaggiare su un Tir, per poi essere distribuite nelle città con mezzi elettrici. I porti vanno dotati di banchine elettrificate per liberare dallo smog le comunità che lavorano all’interno e quelle che vivono a ridosso delle aree portuali.

Vertenze ambientali

Le risorse europee vanno investite anche per promuovere una giusta transizione in quei territori al centro di vertenze ambientali e occupazionali molto pesanti (come, ad esempio, Taranto, Brindisi, il Sulcis, Gela e il siracusano) o dove sono attive ancora oggi le centrali a carbone da chiudere entro il 2025, senza sostituirle con impianti a gas.

Per la riconversione dell’industria caratterizzata da produzioni e prodotti inquinanti è fondamentale promuovere l’innovazione tecnologica con cicli produttivi che riducono l’uso delle risorse e praticano esperienze di simbiosi industriale, con la costruzione di impianti della bioeconomia e della chimica verde completamente integrati alle produzioni agroalimentari del territorio, con progetti per la decarbonizzazione degli impianti siderurgici (a partire dall’ex Ilva di Taranto) e della filiera degli idrocarburi attraverso la produzione e l’uso di idrogeno verde, identificando i settori in cui è utile e necessario, con adeguate misure di accompagnamento al lavoro.

Capitale naturale italiano

Nel progetto per ricostruire l’Italia sono necessari una strategia strutturata e progetti in grado di tutelare e ricostituire il capitale naturale italiano. All’Italia serve un piano più coerente con gli obiettivi del Green Deal, un PNRR che introduca anche obiettivi concreti e misurabili per la conservazione della biodiversità, a cominciare dall’implementazione del sistema delle Aree Protette ad almeno il 30% della superficie terrestre e marina entro il 2030 e da progetti di ripristino degli ecosistemi naturali che nel piano non hanno trovato spazio, come anche la gestione forestale sostenibile del patrimonio verde più importante del Paese.

Inoltre, nel piano serve un focus dedicato al mare e alla blue economy, fonte di ricchezza economica oltre che elemento fortemente caratterizzante della bellezza che tutto il mondo invidia al nostro Paese. Occorre puntare con forza sulla tutela del nostro patrimonio naturale, asset fondamentale per la salute, la sicurezza, il benessere e il rilancio del nostro Paese (che vanta una delle più ricche biodiversità d’Europa), nonché elemento centrale del Green Deal europeo e della Strategia Europea sulla Biodiversità che soprattutto per il restauro degli ambienti marini può favorire la crescita delle aziende Hi-Tech e creare lavoro nel mezzogiorno.

Occorre superare la logica della sommatoria di progetti, vecchi e nuovi, che non abbia quel respiro sistematico e quella ambizione che faccia compiere un salto di qualità al Paese nella sua capacità nell’affrontare in futuro le sfide dettate dalle emergenze ambientale e sanitaria, condizionate in maniera determinante dai cambiamenti climatici e dalla perdita di biodiversità. Senza cogliere la necessità di un piano strutturato di tutela e ricostruzione dei nostri ambienti naturali, non si coglie a pieno il senso del programma Next Generation UE che porta nel nome il proprio obiettivo: agire oggi per costruire un futuro più sano, più sicuro e più sostenibile per le nuove generazioni.

Agricoltura

Sull’agricoltura è fondamentale puntare sull’incremento del biologico o sulla promozione dell’agroecologia per limitare l’uso di prodotti agro-chimici, il consumo di plastica, acqua e fonti fossili, e sulla riduzione delle emissioni agricole e zootecniche seguendo quanto previsto dalle strategie europee Farm to Fork e Biodiversità al 2030.

Per raggiungere questi obiettivi occorre utilizzare le risorse della PAC in modo diverso da quanto fatto fino ad oggi, impiegandole per qualificare in senso ambientale l’agricoltura e per far diventare gli imprenditori agricoli co-protagonisti della rivoluzione circolare e rinnovabile al centro delle politiche europee.