Le bottigliette di plastica valgono oro, e fino ad adesso a dare le carte per lo smaltimento è stato il consorzio Corepla. Ma il Tar…
Ancora nulla di fatto. Eppur si muove. Perché quando si parla di un accordo del valore di tre, o quattro miliardi in cinque anni, è impossibile che le cose rimangano ferme. L’accordo in questione è quello tra l’Associazione Nazionale Comuni Italiani e il Conai, ovvero Consorzio Nazionale Imballaggi. È un accordo importante, perché definisce la quota che i produttori pagano per lo smaltimento di tutti i rifiuti. In pratica, ogni volta che una bottiglietta d’acqua viene prodotta, il produttore versa al Conai una quota per il suo smaltimento. Il Conai, da parte sua, in accordo con Anci, deve provvedere allo smaltimento e a tutte le altre politiche annesse e connesse. L’accordo tra ANCI e CONAI stabilisce anche la quota che i produttori devono pagare (e si sta parlando di ogni imballaggio, dalla plastica alla carta e cartone, all’alluminio). Di fatto, buona parte del bilancio di ANCI deriva da CONAI, proprio in virtù di questo accordo. Un accordo che però, malgrado sia scaduto da tempo, non è ancora stato rinnovato. Per questioni di merito e di metodo. Di merito, poiché teoricamente i produttori dovrebbero pagare una quota molto più alta di quella che pagano attualmente. E di metodo, poiché due tecnici si sono dimessi dalla delegazione trattante (anche se pare che una delle due dimissioni sia rientrata). Inoltre ci sono molti malumori sulla trasparenza di questa trattativa. Mancano ad esempio le dichiarazioni di incompatibilità. E addirittura del Conai non si sanno neppure i componenti della delegazione trattante. Fin qui, i mal di pancia.
C’è però un atto amministrativo, una sentenza del Tar del Lazio di fine luglio che mette un ulteriore elemento di incertezza. I produttori infatti sono tenuti a versare una quota per lo smaltimento, ma la legge non impone che questo sia versato per forza a Conai. Parla genericamente di un consorzio, anche se fino a poco tempo fa di fatto in Italia c’è stato un monopolio quasi assoluto da questo punto di vista. I produttori, suddivisi nei vari sottoconsorzi di Conai, versavano il loro contributo e stop. Ma recentemente i produttori delle acque minerali e non solo si sono riuniti in un organismo chiamato Coripet. Il quale ha iniziato a operare, chiedendo ad Anci di aprire un tavolo di trattativa per installare i compattatori e ritirare la plastica dai Comuni. In prima linea contro Coripet ovviamente Corepla, che è il consorzio (parte del Conai) che si occupa di plastica. In pratica, la nascita di Coripet ha messo nel mercato un competitor diretto di Corepla. Che fa ricorso al Tar nel 2018 contro il ministero dell’Ambiente che aveva riconosciuto Coripet come consorzio accreditato e dunque – di fatto – aperto la strada a una pluralità di soggetti. La sentenza è lapidaria, e respinge i ricorsi di Corepla peraltro sottolineando che “traspare l’assenza di una reale collaborazione ove addirittura un contegno ostacolante da parte dei Consorzi ricorrenti”. Quindi, Coripet ha diritto di vivere. Ovviamente è prevedibile un ricorso al Consiglio di Stato. Tuttavia anche la vicenda dell’accordo ANCI CONAI si complica, poiché adesso vi è un competitor interno al quale il Ministero ha dato legittimità e che il Tar ha confermato, e con il quale bisogna trattare. Nell’asfittico ma ricchissimo mondo dello smaltimento dei rifiuti, dove vi è stato e parzialmente ancora vi è un rigido monopolio, forse si sta aprendo una breccia che costituisce una vicenda ancora largamente ignorata dalla politica.