È online la nuova versione delle “Istruzioni Operative per la gestione e lo smaltimento dei pannelli fotovoltaici incentivati“, aggiornate dal Gestore dei servizi elettrici (Gse) il 26 maggio scorso, ai sensi dell’art. 40 del D.lgs. 49/2014 e dell’art. 1 del D.lgs. 118/2020.
Chi impianta dovrà versare 10 o 12 euro, a seconda del pannello, a garanzia del corretto smaltimento, allo stesso Gse o ai Sistemi collettivi riconosciuti. Per gli impianti antecedenti al 2014, tuttavia, è previsto l’esonero dal versamento purché venga “dimostrato” – con una sorta di autocertificazione – il corretto smaltimento dei moduli.
In buona sostanza, si affida lo smaltimento della maggior parte dei pannelli solari esistenti in Italia alla buona fede degli attori coinvolti, per lo più i grandi gruppi del solare. Una clausola che potrebbe aprire la strada al mercato nero dello smaltimento illegale che da anni è una delle principali preoccupazioni di magistratura e carabinieri del nucleo per la Tutela ambientale.
Gli impianti in Italia
In Italia sono attivi circa 900mila impianti per un totale di circa 100 milioni di pannelli. Il ciclo di vita dei moduli è vent’anni e l’età media di quelli operativi oggi è di 12-13. Questo significa che il Paese si prepara al revamping di 73 milioni di pannelli fotovoltaici, sostenuto anche dagli incentivi della transizione ecologica e dagli investimenti del Pnrr.
Il processo che sarà veloce perché la sostituzione conviene su due fronti: i pannelli che invecchiano producono il -2% di energia l’anno, mentre quelli di nuova generazione sono più piccoli ed efficienti (circa il 30% di energia in più).
Cosa dicono le nuove istruzioni
Il Decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 118, introduce modifiche al Decreto legislativo 14 marzo 2014, n. 49. In particolare, all’art. 1 prevede una “Razionalizzazione delle disposizioni per i RAEE da fotovoltaico” la quale stabilisce che “Per la gestione dei RAEE derivanti da AEE di fotovoltaico incentivate ed installate precedentemente alla entrata in vigore del presente decreto relativi al Conto Energia, per i quali è previsto il trattenimento delle quote a garanzia secondo le previsioni di cui all’articolo 40, comma 3, i Soggetti Responsabili di impianti fotovoltaici possano prestare la garanzia finanziaria […] nel trust di uno dei sistemi collettivi riconosciuti. Il GSE definisce le modalità operative ed è autorizzato a richiedere agli stessi responsabili degli impianti fotovoltaici idonea documentazione […]”.
La nuova versione del documento disciplina le modalità e le tempistiche con cui i Soggetti Responsabili degli impianti fotovoltaici incentivati in Conto Energia, per cui è previsto il trattenimento delle quote a garanzia ai sensi dell’art. 40 del D.lgs. 49/2014, possono esercitare l’opzione disposta dal D.lgs. 118/2020.
I Soggetti Responsabili possono decidere se prestare la garanzia finanziaria, riferita alla gestione dei moduli fotovoltaici a fine vita, tramite il processo di trattenimento delle quote a garanzia attuato dal GSE, secondo le modalità descritte nelle Istruzioni Operative, o, in alternativa, esercitando l’opzione prevista mediante l’adesione a un Sistema Collettivo, identificato nell’elenco qualificato dal Ministero della Transizione Ecologica (MITE).
L’aggiornamento del documento prevede ulteriori novità derivanti dal confronto con gli stakeholders interessati, come l’esonero, su richiesta del Soggetto Responsabile, dal trattenimento delle quote a garanzia in casi di sostituzione totale dei moduli fotovoltaici installati e l’avvenuto ritiro in garanzia degli stessi dall’azienda produttrice dei componenti.
Le reazioni del settore
Il Gse, interpellato dal Fatto Quotidiano, replica che i documenti richiesti per dimostrare il “corretto smaltimento” sono esplicitamente richiamati nelle nuove istruzioni e comunque che “l’applicazione o meno delle quote a garanzia è definita e regolamentata dal Dlgs 49/2014, che individua il perimetro di impianti fotovoltaici incentivati per i quali applicare le quote”: “Le recenti modifiche introdotte (Dlgs 118/2020) hanno previsto per tali impianti (soggetti al versamento delle quote a garanzia) la possibilità di esonero dal trattenimento attraverso l’esercizio dell’opzione”. In buona sostanza, il Gestore dice di essersi limitato a fare quel che ha deciso l’allora ministero dell’Ambiente.
Forti dubbi e preoccupazioni arrivano dalla filiera del riciclo. Dai moduli, secondo il processo previsto dalla legge, si può recuperare pressoché il 100%: materie prime e seconde di pregio quali vetro, acciaio, silicio, polimeri, persino argento. Il valore di questi materiali – che in larga parte importiamo – secondo Irena arriverà a 15 miliardi entro il 2050: servirà dunque a creare un’industria “verde” in Italia che aiuterà anche la manifattura tradizionale.
Il timore di chi fa parte della filiera sana è che queste linee guida finiscano per essere un assist alle aziende che fanno dumping sul prezzo dello smaltimento. I 10 euro di quota per i pannelli “professionali” lasciano pochissimo margine a chi smaltisce: si guadagna, in sostanza, con la vendita delle materie recuperate, sotto quel prezzo il riciclo difficilmente diventa “ambientalmente compatibile” come prescrive la legge. Il ministero della Transizione ecologica, chiamato in causa dalle imprese del settore, fa sapere che ascolterà tutte le posizioni e se c’è una falla nelle linee guida è disposto a intervenire. Già con il decreto Semplificazioni oggi in Parlamento.
Il mercato nero dello smaltimento illegale
La lista dei sequestri milionari e delle inchieste sullo smaltimento illegale dei pannelli solari è impressionante: dalla Puglia al Veneto, dalla Sicilia all’Umbria fino alla Liguria. Le modalità sono sempre le stesse: una ditta regolare ritira i pannelli e fa finta di smaltirli secondo legge, in realtà li scarica in qualche magazzino-discarica oppure li rivende in Africa e in Asia, dove finiranno come rifiuti abbandonati senza controllo. Il guadagno è garantito a tutti: al produttore di energia che con la certificazione viene rimborsato dal Gse (anche se non sempre le imprese sono consapevoli dell’illecito che si gioca alle loro spalle), all’organizzazione criminale e all’impresa che dismette il materiale a un costo inferiore (un euro o anche meno).
Intervistato dal Corriere della Sera, il capo del nucleo Tutela ambientale dei Carabinieri, generale Maurizio Ferla, ha spiegato che “qui non stiamo parlando di mafia, bensì di un sistema economico che diventa criminale quando cerca un sistema meno costoso di smaltimento”.
“Stiamo parlando di una imprenditoria strutturata, che si avvale di capaci consulenti tecnici, giuridici, e che in linea di principio ha contatti internazionali qualificati. Perché per mandare da 300 a 750 tonnellate di pannelli fotovoltaici in un altro continente, magari per farli finire in una discarica a cielo aperto in Burkina Faso, occorre avere contatti con le organizzazioni locali, con il potere locale; bisogna corrompere funzionari, doganieri…”.