Ci si aspettava certamente di più dalla Strategia Energetica Nazionale che ad una prima lettura appare inefficace per il raggiungimento degli obiettivi climatici e che presenta luci e pesanti ombre che rischiano di mettere profondamente a rischio il processo di decarbonizzazione – già in atto – al 2050, impensabile al 2035 come molti studiosi e ricercatori continuano a sostenere se vogliamo impedire l’innalzamento della temperatura globale di 1,5-2°C.
Due gli elementi positivi contenuti nel documento presentato pochi giorni fa dal Governo e oggi in consultazione fino al 12 luglio: da una parte la conferma dell’uscita dal carbone al 2030, già anticipata da alcune aziende nazionali e passo fondamentale per contrastare i cambiamenti climatici e i suoi effetti. Dall’altra l’apertura alle fonti rinnovabili, a nuovi sistemi energetici, dall’autoproduzione alle comunità energetiche al ruolo dei prosumer, così come sviluppo allo sviluppo della mobilità sostenibile e dell’efficienza energetica. Tutti strumenti fondamentali non solo per il raggiungimento degli obiettivi climatici, ma anche per il rilancio economico del Paese, nonché la nascita di nuovi posti di lavoro, fino ad un milione solo nel settore edilizio tra messa in sicurezza sismica ed efficientamento.
Infine positivo leggere per la prima volta anche per il nostro Paese un piano di decarbonizzazione, una vittoria per molti ambientalisti che da anni lottano per ottenere questo risultato. Così come una maggiore attenzione alle fasce di popolazione più in difficoltà.
Ma non è tutto ora quello che luccica, per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2050 servono strumenti concreti e puntuali, in grado di rilanciare il settore dell’energia sostenibile e di interpretare attraverso strategie lungimiranti e a lungo termine il futuro di questo Paese.
Infatti nella SEN “di lungo termine” molto precise sembrano solo le politiche e le strategie legate al rafforzamento dell’intera filiera del gas, da gasdotti e rigassificatori, alla metanizzazioni di intere porzioni di territorio, come nel caso della Sardegna. Attenti e dettagliati i piani di sviluppo descritti, gli scenari geopolitici possibili e le tante possibili strategie in nome della sicurezza degli approvigionamenti gas. Quasi tutti da luoghi che di stabile hanno poco.
Un’ attenzione che manca invece nella parte delle rinnovabili, dell’efficienza e della mobilità con obiettivi timidi e insufficienti è una scarsa valorizzazione di tutte le fonti rinnovabili.
Già previste le modalità di finanziamento del “Piano Gas” con molti investimenti per privati ma se fallimentari pagate attraverso le bollette dei cittadini, senza una reale valorizzazione degli impianti esistenti e oggi sottoutilizzati, vedi il caso dell’OLT di Livorno.
Che il gas sarà uno strumento essenziale e fondamentale per la transizione verso un futuro 100% rinnovabile è fuori discussione, ma nel presentare la SEN questo assume un ruolo troppo centrale che rischia di frenare il processo di decarbonizzazione.
Per capirlo basta fare un calcolo semplice: prendiamo la proposta di metanizzazione della Sardegna.
Nave a Porto Torres, nuove infrastrutture e tubazione per far arrivare il gas ovunque, serbatoi e piccoli stoccaggi distribuiti lungo la costa. Una nuova qualsiasi infrastruttura avrà durata minima 40 anni, secondo gli obiettivi della SEN la metanizzione della Sardegna sarà operativa dal 2025. Aggiungiamo i 40 anni minimi dell’infrastruttura arriviamo al 2065.
Due sono le strade a quel punto, o ci teniamo il gas fino al 2065 e addio decarbonizzazione o smettiamo di usare gli impianti e le infrastrutture pagandole in bolletta.
In questo caso non sarebbe stato meglio pianificare una strategia energetica per la Sardegna fatta da una mobilità elettrica in grado di far attraversare l’intera isola a cittadini e turisti, con forte rilancio delle rinnovabili e della mobilità sostenibile, opere di efficientamento per ridurre i consumi e facilitare il passaggio fossili-rinnovabili diciamo al 2030?
Eppure non è impensabile, certo ci vuole coraggio e lungimiranza! Infatti come sottolinea la stessa SEN, l’Italia ha raggiunto gli obiettivi al 2020 con tre anni di anticipo e con un enorme distacco rispetto agli altri Paesi europei. Un’eccellenza in Europa.
Tale risultato dimostra che l’Italia è un Paese in grado di sostenere sfide più ambiziose di quelle presentate dalla SEN. Portando benefici rispetto ai temi degli obiettivi climatici ma anche di qualità di vita.
Basterebbe andare in giro per il nostro Paese per conoscere territori, cittadini e aziende che in questi ultimi 10/15 anni hanno deciso di investire in modelli energetici diversi per case, imprese, ma anche territori, portando benefici in tutti i settori, consentendo alle famiglie di risparmiare in bolletta e contribuendo in maniera importante al raggiungimento degli obiettivi europei al 2020.
In questi giorni lavoreremo per presentare le osservazioni entro il 12 luglio, con temi, numeri e proposte sulla decarbonizzazione dell’economia. Perché se anche la Sen è solo il primo passaggio verso questo obiettivo, avrà comunque il suo peso nella definizione del Piano Clima previsto dal Pacchetto Energia e Clima che l’Italia dovrà presentare nel 2018 a Bruxelles.