Carta, vetro, metalli, plastica, la stessa frazione umida, se correttamente raccolti e selezionati, permettono oggi un risparmio di 6 miliardi e mezzo sulle importazioni di materie prime dall’estero. Non solo: utilizzando quelle che i tecnici definiscono MPS – Materie prime seconde, il sistema Italia risparmia già oggi 2 miliardi di euro di energia, pari a circa il 10% dei consumi elettrici. A raccontare quanto vale l’economia circolare per il nostro Paese sono i numeri riportati dal WAS Annual Report 2016, elaborato da un think tank di importanti operatori del sistema dei rifiuti e coordinato dalla società di consulenza ambientale Althesys.
Il rapporto è stato presentato ieri a Roma dall’Ad di Althesys Alessandro Marangoni assieme ai principali attori e agli stakeholder del settore: tra gli altri Mariano Grillo, Direttore Generale Ministero dell’Ambiente; Guido Bortoni, Presidente dell’Autorità per l’Energia Elettrica il Gas e il Sistema Idrico; Giovanni Pitruzzella, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
L’economia circolare non è solo un metodo per sottrarre alla discarica ingenti quantità di risorse, evitando inquinamento e occupazione del suolo. I materiali che finiscono nel nostro bidone sono una vera e propria miniera. A fare la parte del leone nel recupero delle materie prime seconde è oggi soprattutto l’industria cartaria, dove il risparmio di materie prime vergini è intorno ai 2 miliardi di euro medi annui. Nel settore delle materie plastiche l’impiego dei materiali di recupero porta invece risparmi per circa 500 milioni di euro annui.
Nonostante nel nostro paese si debbano ancora superare alcuni ostacoli normativi e industriali all’economia circolare, il settore della selezione, valorizzazione e recupero dei materiali sta crescendo e si sta consolidando. Dall’indagine di Althesys emerge che lo sviluppo dell’industria del riciclo ha fatto crescere i mercati delle materie prime seconde: “Oggi – si legge nel report – le MPS hanno assunto un ruolo strategico per l’industria italiana”. Solo nel comparto della carta, negli ultimi 15 anni, la carta recuperata è quasi raddoppiata passando dal 26% del totale nel 2000 al 47,7% nel 2015. Ciò ha permesso all’Italia di diventare esportatrice netta di maceri, ribaltando la posizione storica di dipendenza dall’estero.
Complessivamente l’industria del waste management cresce in maniera stabile negli ultimi anni, toccando – solo per i primi 75 top player – un fatturato da 9,7 miliardi di euro, quasi tre volte quello del calcio italiano (3,6 miliardi). Ma le imprese più dinamiche – secondo il rapporto WAS – si stanno sviluppando soprattutto nel settore della selezione e della valorizzazione dei materiali raccolti. Lo sviluppo delle fasi a valle della raccolta, essenziale per la partenza di un vero comparto della circular economy, è diventato un imperativo nelle politiche di gestione dei rifiuti, per questo gli operatori stanno lentamente spostando su questa parte della filiera il loro focus strategico: oggi questo segmento vale già 2 miliardi di euro.
Il 73% degli operatori di questa fase della filiera tratta almeno due materiali recuperati, in particolare carta e plastica, con il 66% delle imprese attive su entrambi. Il 60% dei player si dedica ai metalli, mentre sono il 45% quelli attivi nel vetro e altrettanti nel legno. Infine il 46% opera solo nel business degli urbani, il 33% esclusivamente degli speciali. Il 21% è impegnato su entrambi i flussi. Da questi dati si desume che il segmento della selezione-valorizzazione si sta avviando verso una progressiva seppur lenta trasformazione con l’inizio di quei processi di consolidamento e industrializzazione che caratterizzano già da alcuni anni le fasi della raccolta a monte e dello smaltimento a valle.
“L’interesse degli operatori grandi e piccoli si sta decisamente orientando verso i business della circular economy” ribadisce Alessandro Marangoni, AD di Althesys nella presentazione del Report 2016. “Le imprese di waste management puntano a integrarsi lungo la value chain, nella selezione e valorizzazione dei materiali raccolti, ottenendo il doppio risultato di ridurre le quantità di rifiuti da smaltire e aumentare il valore aggiunto. Il presidio dei mercati delle materie prime seconde, in alcuni casi ormai commodities globali, sarà sempre più strategico“.
“In Italia – aggiunge Marangoni – un significativo potenziale di sviluppo si trova nel campo dei rifiuti organici urbani (Forsu), che ha ancora margini di crescita, soprattutto nel meridione, dove 2,3 milioni di tonnellate di umido non sono ancora intercettate. La trasformazione in materie prime di nuova generazione e in energia rinnovabile con la produzione di biometano sono alcune delle sfide più concrete per lo sviluppo dell’economia circolare“.