La norma in materia di cessazione della qualifica di rifiuto (End of Waste) inserita nella legge n. 55 del 14 giugno 2019 di conversione del Decreto ‘Sblocca cantieri’ prevede la possibilità di autorizzare impianti che utilizzino le tipologie e le attività di riciclo previste e regolate dal D.M. 5 febbraio 1998 e successivi, escludendo, quindi, le numerose tipologie, provenienze, caratteristiche di rifiuti, attività di recupero e dei materiali che nel frattempo sono stati sviluppati.
Il dossier, a cura del Circular Economy Network, presentato in occasione dell’appello che su questo tema imprese e associazioni hanno rivolto a Governo e Parlamento, non ha l’ambizione di rappresentare uno studio completo perché, sottolineano i promotori, ‘la situazione è in rapida evoluzione’. Ma il quadro dei danni potenziali che ne emerge, anche se parziale, è comunque sufficiente per capire qual è la dimensione della posta in gioco.
Di seguito ecco 10 esempi significativi.
1. Il riciclo di rifiuti inerti da costruzione e demolizione viene escluso per la produzione di aggregati Nell’Allegato 1, Suballegato 1, punto 7 (rifiuti ceramici e inerti) del D.M. 5 febbraio 1998, per i rifiuti inerti non è prevista la produzione di aggregati riciclati per usi strutturali, ma solo di rilevati e sottofondi stradali (punto 7.1.4 Caratteristiche delle materie prime e/o dei prodotti ottenuti). Quindi limitando così l’applicazione della ‘cessazione della qualifica di rifiuti’, in attesa di un decreto nazionale End of Waste una gran quantità di rifiuti inerti da costruzione e demolizione non possono essere riciclati per produrre aggregati riciclati. Federbeton stima una potenziale capacità di produzione di aggregati riciclati da rifiuti da costruzione e demolizione nel calcestruzzo pari a circa 15 milioni di tonnellate.
2. Le terre e rocce da scavo bonificate dovrebbero andare in discarica Tutti i trattamenti dei rifiuti non previsti nel D.M. 5 febbraio 1998 e dai decreti End of Waste non possono cessare la qualifica di rifiuto. Le terre e rocce da scavo contaminate con sostanze biodegradabili, se bonificate con un trattamento di decontaminazione tramite biopile (tecnologia di biodegradazione), resterebbero rifiuti perché tale tecnologia non è prevista dal D.M. citato. Quindi le terre scavate e decontaminate tramite biopile resterebbero rifiuti da smaltire in discarica, bloccando così diverse bonifiche e generando grandi quantità di rifiuti da smaltire.
3. La frenata al riciclo degli Pneumatici Fuori Uso (PFU) Gli unici ricicli possibili previsti dal D.M. 5 febbraio 1998 per gli pneumatici fuori uso riguardano la produzione di manufatti in gomma usualmente commercializzati, di bitumi o di parabordi stradali. Sulla base di quanto stabilito dal citato D.M., granuli e polverino prodotti dagli impianti di granulazione degli PFU sono classificati come ‘rifiuto’ e non possono diventare materiali da impiegare per impianti sportivi, fondi stradali, pannelli insonorizzanti, elementi per arredo urbano, ecc. Il riciclo degli pneumatici subisce quindi un sostanziale arresto anche perché il D.M. specifico End of Waste, in elaborazione da ben 4 anni, ancora non è stato pubblicato. In Italia vi sono 25 impianti che riciclano PFU producendo granulo e polverino: molte autorizzazioni di questi impianti sono in scadenza e, secondo la nuova norma, non verrebbero rinnovate con la cessazione della 3 qualifica di rifiuto del loro prodotto. ECOPNEUS stima un investimento realizzato in questi impianti di oltre 150 milioni di euro che sarebbe svalutato.
Proseguendo con gli esempi, al numero 4 c’è il blocco del riciclo dei materiali provenienti dalla raccolta differenziata multimateriale. Il Suballegato 1 del D.M. 5 febbraio 1998 al punto 6.1 non contempla, fra i rifiuti in ingresso alle attività di riciclo della plastica, il codice più comunemente utilizzato per il multimateriale (15.01.06). Applicando, quindi, tale disposizione i centri di selezione potrebbero non poter più ricevere la raccolta multimateriale perché non la potrebbero avviare al riciclo con cessazione della qualifica di rifiuto, per quella parte riciclabile e riciclata. Lo stesso problema riguarderebbe anche gli impianti intermedi che ritirano per conto dei Comuni o loro delegati parte della raccolta differenziata, quella multimateriale, e provvedono a loro volta a operazioni di trattamento preliminari (compresa la separazione della raccolta multimateriale) prima del conferimento ai centri di selezione. Il tema è quantitativamente rilevante perché nel 2018 la raccolta differenziata multimateriale conferita ai centri di selezione con il codice 15.01.06 è stata pari a 355.698 tonnellate.
5. Fermato il riciclo dei rifiuti da spazzamento stradale Attualmente le nuove autorizzazione e gli eventuali rinnovi delle esistenti sono bloccati per la mancanza di un D.M. specifico per l’End of Waste per il riciclo di una tipologia di rifiuto, quello da spazzamento stradale non contemplata nel D.M. 5 febbraio 1998. Oggi disponiamo di impianti di riciclo dei rifiuti di spazzamento stradale in grado di recuperare sabbia, ghiaino e ghiaietto, con caratteristiche conformi ai prodotti realizzati a partire da materiali vergini. Le quantità di rifiuti che non possono più essere riciclate, data la norma attuale, sono pari a circa 340.000 tonnellate su un totale di circa 1,3 milioni di tonnellate di rifiuti da spazzamento stradale prodotte in un anno in Italia. Per i due impianti con le autorizzazioni bloccate in Veneto e Campania, sono previsti circa 10 milioni di investimenti e il recupero di 60.000 tonnellate/anno di rifiuto.
6. Le difficoltà per il riciclo dei Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE) I RAEE sono un rifiuto in costante e rapida evoluzione che, anche a seguito dell’innovazione tecnologica delle Apparecchiature da cui derivano, produce nuovi flussi di rifiuti e induce veloci progressi delle modalità di trattamento. Alcuni materiali in uscita dagli impianti di riciclo dei RAEE non sono previsti nel D.M. 5 febbraio 1998: il vetro cono, il vetro pannello e il vetro delle lampade; il poliuretano; le plastiche miste e il silicio. I rifiuti in vetro costituiscono il 60% dei rifiuti dei TV e monitor (37.200 tonnellate nel 2018) e il 90% dei rifiuti provenienti dalle sorgenti luminose (3.000 tonnellate nel 2018). I rifiuti di poliuretano costituiscono circa il 15% in peso di frigoriferi, condizionatori e altre apparecchiature per lo scambio di temperatura (13.050 tonnellate nel 2018). I rifiuti in plastica sono circa il 20% dei TV e monitor (12.200 tonnellate nel 2018) e al 30% dei rifiuti provenienti da IT (18.750 tonnellate nel 2018). Le quantità di rifiuti di silicio sono attualmente piuttosto ridotte, ma nei prossimi anni il flusso di pannelli fotovoltaici destinati agli impianti di trattamento potrebbe crescere sensibilmente e con esso i quantitativi di silicio da gestire. La voce 5.6 del D.M. 5 febbraio 1998 cita i ‘Rottami elettrici ed elettronici’ solo per procedere al recupero dei componenti metallici e non. La voce 5.19 ‘Apparecchi domestici, apparecchiature e macchinari post-consumo’ prevede il semplice disassemblaggio delle componenti e dei materiali 4 per avviarli a successivo recupero di materia ma non per un eventuale riutilizzo delle singole parti e non prevede attività di riparazione di RAEE con l’utilizzo di parti di altri RAEE e/o la rigenerazione degli elettrodomestici, attività che si sono invece sviluppate in questi anni: nel 2018 sono state rigenerati 1.100 elettrodomestici e si stima nel 2019 di raddoppiare la produzione.
7. Settimo caso emblematico quello generatosi per quanto riguarda l’ostacolo alla rigenerazione degli oli e grassi animali e vegetali usati. La rigenerazione degli oli vegetali esausti e dei grassi animali, per la produzione di biodiesel e biocarburanti, non è prevista nel D.M.5 febbraio 1998. Il CONOE stima in circa 80.000 tonnellate di oli da attività professionale e 180.000 tonnellate da attività domestiche le quantità riciclabili. La Lega Coop sta valutando la possibilità di utilizzare gli oli vegetali esausti derivanti dalla produzione di biocarburanti per la flotta merci. Nel caso degli oli vegetali esausti, nei piazzali di molti supermercati le locali aziende municipalizzate effettuano la raccolta dell’olio esausto domestico, con risultati di tutto rilievo: in 62 supermercati sono stati raccolte oltre 240 tonnellate di olio esausto, a indicazione di una spiccata sensibilità dei cittadini verso questo tipo di servizio, che potrebbe sicuramente crescere, anche grazie a filiere di riutilizzazione che possano utilizzare ancor meglio i prodotti del recupero. Sono oltre 50 gli impianti di rigenerazione che non è possibile autorizzare o con autorizzazione non rinnovabile con la norma attuale.
8. Fermato il riciclo delle scorie degli inceneritori nei cicli a freddo Non sarebbe più possibile effettuare il recupero delle scorie da inceneritore nei cicli legati a freddo (calcestruzzo, malte, conglomerati bituminosi, etc.), nelle autorizzazioni in scadenza, in quanto non previsti dal D.M. 5 febbraio 1998, mentre lo sarebbe nei cicli a caldo (come il cemento) in quanto disciplinati dallo stesso D.M. Le quantità di rifiuti che non potrebbero essere più riciclate con la norma attuale sono pari a circa 500.000 tonnellate/anno.
9. Bloccato il riciclo dei materiali fibrorinforzati (Vetroresina e carboresina) Il D.M. 5 febbraio 1998 non prevede tale tipologia di rifiuto e non contempla la possibile provenienza dalla demolizione delle barche e delle pale eoliche. Da dati ECOCERVED del 2013 risulta una produzione annua di circa 1.000.00 di tonnellate di rifiuti di vetroresina e carboresina. Esistono ormai tecnologie per il riciclo di tali rifiuti che, con questa norma, non potrebbero essere impiegate se non con un decreto EoW che richiederebbe anni.
10. Bloccato il riciclo dell’Eco Allene (materiale plastico derivante dal riciclo del tetrapak) Il blocco è determinato dal fatto che il D.M. 5 febbraio ’98 non prevede un processo di trattamento di questo tipo e non contempla nemmeno questo flusso di rifiuti tra quelli elencati nell’allegato I. Fino all’introduzione di tale tecnologia il film di polietilene e alluminio non era riciclato e veniva inviato normalmente all’incenerimento. Ogni impianto di produzione di EcoAlleneÖ è progettato per riciclare circa 6.000 tonnellate/anno di poliaccoppiato polietilene-alluminio.
Concludendo, sottolinea il report di Circular Economy Network, negli ultimi 6 anni sono stati pubblicati solo due Decreti End of Waste I decreti ministeriali nazionali negli ultimi 6 anni (successivi, quindi, al D.M. 14 febbraio 2013 n. 22. Relativo a determinate tipologie di combustibili solidi secondari – CSS) sono stati solo due: D.M. 28 marzo 2018 n. 69. Regolamento di disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto del conglomerato bituminoso; DM 15 maggio 2019, n. 62. Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto da prodotti assorbenti per la persona (PAP). Questo ultimo ha avuto un’istruttoria che è durata 5 anni. Ben 16 decreti ministeriali sono ancora in lavorazione, alcuni da anni L’iter che ciascun decreto segue dall’elaborazione alla pubblicazione è così articolato: Fase 1: Analisi per l’avvio del procedimento e inserimento di un flusso di rifiuti in elenco Fase 2: Attività istruttoria confronto con operatori ed istituti Fase 3: Richiesta di parere formale ad ISPRA Fase 4: Invio della bozza di decreto all’Ufficio legislativo del Ministero dell’Ambiente Fase 5: Invio al Consiglio di Stato Fase 6: Parere del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi (DAGL) presso il Consiglio dei Ministri e notifica alla CE Fase 7: Valutazione Corte dei conti Fase 8: Pubblicazione in GU.