Al Sud e nelle isole servono investimenti per 2,2 miliardi di euro per rimediare alla carenza di impianti per il trattamento dei rifiuti. Lo sostiene Utilitalia, la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche, che ha presentato al Green Symposium di Napoli uno studio sull’impatto degli investimenti legati al PNRR nel settore rifiuti al Sud Italia. I dati emersi sono pesanti.
- Nella raccolta differenziata ci sono differenze sostanziali tra il Nord (67%) e la Sardegna (73%) hanno conseguito gli obiettivi previsti dalla normativa, mentre il Sud peninsulare si attesta al 52% e la Sicilia al 39%.
- Rispetto agli obiettivi europei al 2035 – riciclo al 65% e discarica al di sotto del 10% – nel Sud peninsulare e in Sicilia servono investimenti pari a 2,2 miliardi di euro per soddisfare il fabbisogno di trattamento della frazione organica per ulteriori 2 milioni di tonnellate e di incenerimento con recupero di energia per ulteriori 1,3 milioni di tonnellate.
- Il deficit impiantistico si traduce anche nei viaggi dei rifiuti verso gli impianti del Nord, con maggiori costi a carico dei cittadini del Mezzogiorno: mediamente per la riscossione della tariffa sui rifiuti pagano tra i 355 ed i 360 euro, rispetto ai 273 euro del Nord e ai 322 euro del Centro.
- Nel Mezzogiorno l’83% delle gare per l’affidamento dei servizi di gestione dei rifiuti ha una durata inferiore ai 5 anni, malgrado la normativa nazionale preveda affidamenti di almeno 15 anni.
- Sono stati stimati in circa 440 milioni di euro gli investimenti realizzabili nel Mezzogiorno dalle imprese associate a Utilitalia. La messa a terra degli investimenti, in particolar modo quelli relativi ad impianti per il trattamento della frazione organica, contribuirebbe a incrementare la capacità disponibile di oltre il 20% e ridurre il fabbisogno del 16%.
I viaggi dei rifiuti costano a tutti
L’assenza di un assetto impiantistico adeguato a fronteggiare i bisogni del Mezzogiorno e la necessità di trasportare i rifiuti per il trattamento al di fuori dei confini regionali, determina una maggiore spesa per la riscossione della tariffa sui rifiuti per le famiglie del Sud, oltre a impatti ambientali più elevati. In pratica laddove il servizio è peggiore, i cittadini sono costretti anche a sostenere costi maggiori.
La corretta gestione dei rifiuti è uno degli obiettivi prioritari delle politiche ambientali ed economiche europee ed italiane. A tal fine è urgente dotare il Paese degli impianti necessari al raggiungimento dell’autosufficienza nazionale e regionale, risultato che potrà essere raggiunto solo con interventi strategici nelle aree in ritardo. Una di queste è il Mezzogiorno, dove tutti gli indicatori su produzione e gestione dei rifiuti delineano un quadro ancora di grande difficoltà.
Raccolta differenziata e governance
La percentuale di rifiuti raccolti in maniera differenziata a livello nazionale, nel 2019, è stata pari al 61% con delle differenze sostanziali: il Nord (67%) e la Sardegna (73%) hanno conseguito gli obiettivi previsti dalla attuale normativa mentre il Sud peninsulare si attesta al 52% e la Sicilia, pur a fronte dei significativi progressi fatti negli ultimi anni che fanno registrare oggi il 39%, è ancora molto distante. Allo stesso modo la governance, caratterizzata da un’eccessiva frammentazione e dalla mancanza di una progettualità a lungo termine, ostacola lo sviluppo del comparto meridionale. Malgrado la normativa nazionale di settore preveda affidamenti a livello di ambito ottimale e di durata non inferiore ai 15 anni, all’attuale frammentazione gestionale si affianca anche una forte discontinuità temporale: l’83% delle gare per l’affidamento dei servizi di gestione dei rifiuti ha una durata inferiore ai 5 anni. Questo si traduce in numerosi cambi repentini di gestione nei territori che, in assenza di una governance locale forte e di una pianificazione di lungo periodo, possono incidere sui possibili livelli di miglioramento della gestione. E’ quindi fondamentale, per il settore dei rifiuti come per quello idrico, completare in tutte le regioni la governance del settore attraverso l’avvio operativo degli ambiti ottimali, affidamenti che seguano la norma comunitaria e l’integrazione del ciclo.
Il deficit impiantistico rispetto agli obiettivi UE al 2035
Considerando gli obiettivi definiti dalla normativa europea al 2035 – riciclaggio effettivo pari al 65% e ricorso complessivo alla discarica al di sotto del 10% – servono nel Sud peninsulare e in Sicilia investimenti pari a 2,2 miliardi di euro, oltre a quelli per lo sviluppo delle raccolte differenziate e dell’applicazione della tariffa puntuale: ciò per soddisfare il fabbisogno di trattamento della frazione organica per ulteriori 2 milioni di tonnellate, e di incenerimento con recupero di energia per ulteriori 1,3 milioni di tonnellate. Decisamente migliore la situazione in Sardegna. Il deficit impiantistico si traduce anche nei viaggi dei rifiuti verso gli impianti del Nord, con maggiori costi a carico dei cittadini del Mezzogiorno che mediamente per la riscossione della tariffa sui rifiuti pagano tra i 355 ed i 360 euro, rispetto ai 273 euro del Nord e ai 322 euro del Centro. I contenuti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza italiano non prevedono però sviluppi nel settore per il recupero energetico. Tuttavia, una riflessione anche sul ruolo di tale filiera industriale è necessaria per garantire la completa chiusura del ciclo dei rifiuti a livello nazionale e ridurre il ricorso allo smaltimento in discarica al di sotto dei target europei, come già realizzato nelle regioni più virtuose.
L’occasione del PNRR e le riforme necessarie
Il PNRR si pone in questo contesto come strumento utile al recupero del gap infrastrutturale e gestionale che divide il Nord dal Sud Italia. Sono stati stimati in circa 440 milioni di euro gli investimenti realizzabili nel Mezzogiorno dalle imprese associate a Utilitalia, candidabili nelle linee di investimento 1.1 e 1.2 della componente M2C1 dedicata all’implementazione del sistema di gestione dei rifiuti. La messa a terra degli investimenti, in particolar modo quelli relativi ad impianti per il trattamento della frazione organica, contribuirebbe ad incrementare la capacità disponibile di oltre il 20% e ridurre il fabbisogno del 16%. Per garantire la realizzazione delle progettualità proposte, colmare il service divide che caratterizza il Paese e contribuire al miglioramento del sistema di governance del settore, il Piano deve contenere necessariamente delle riforme strategiche che devono riguardare il potenziamento dello sviluppo industriale, con il fine di favorire la circolarità delle risorse materiali ed energetiche, e il sostegno dell’innovazione tecnologica per poter raggiungere i target nazionali ed europei in tema di avvio a riciclo. E ancora il confronto con gli stakeholders, misure a sostegno dell’elaborazione del Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti attraverso la definizione di coerenti fabbisogni di trattamento, la garanzia dell’efficacia degli strumenti di pianificazione, la costruzione di una governance adeguata ed il sostegno di una regolazione trasparente.