“Possibile ora garantire a cittadini e lavoratori risposte certe, scientificamente validate, sulla possibilità che lo stabilimento non continui ad avvelenare”
Dopo tanti anni e tante battaglie, c’è la premessa per sciogliere l’atroce dilemma tra lavoro e salute che ha tenuto “sotto scacco Taranto e giungere ad una sintesi fondata su solide evidenze scientifiche”. Lo afferma in una nota Legambiente. Il decreto che dispone il riesame dell’ A.I.A. rilasciata ad Arcelor Mittal prevede infatti che le modifiche delle condizioni di esercizio attualmente autorizzate vengano stabilite in seguito alle proposte avanzate da ARPA Puglia, ARESS Puglia e ASL di Taranto sulla scorta di una valutazione preventiva del danno sanitario che prenda a riferimento sia l’attuale quadro emissivo che quello conseguente alla piena attuazione del Piano Ambientale (DPCM del 29 settembre 2017).
“Non possiamo che essere contenti: sin dall’inizio di questa lunga vicenda abbiamo sostenuto che è possibile tenere insieme ambiente, salute e lavoro a patto di stabilire in modo certo a quali condizioni (quali quantità, con quali processi produttivi, tecnologie, impianti) la produzione di acciaio non comporti rischi inaccettabili per cittadini e lavoratori, sulla scorta di quanto avviene già oggi in altre parti d’Europa”, commenta Legambiente.
La valutazione preventiva dell’impatto ambientale e sanitario per lo stabilimento siderurgico ionico “è una richiesta “storica” di Legambiente, formulata a tutti i governi che si sono succeduti in questi anni sulla scorta dei rischi per la salute già denunciati da Arpa ed Ares Puglia e dalla ASL di Taranto nella Valutazione effettuata prendendo a riferimento la completa attuazione delle prescrizioni previste dall’Autorizzazione integrata ambientale rilasciata ad Ilva nel 2012. Una valutazione che nessuno ha mai confutato, riferita ad un quadro di interventi sovrapponibile per moltissimi elementi a quanto previsto dall’attuale Piano Ambientale”.
Il decreto del 27 maggio che accoglie l’istanza di riesame positivamente presentata dal Comune di Taranto ritiene finalmente “opportuno e necessario che siano preliminarmente effettuate le verifiche sugli effetti sanitari sia sulla base dello scenario emissivo riferito alla produzione di 6 milioni di tonnellate/anno di acciaio attualmente autorizzata che di quello previsto al completamento degli interventi elencati nel DPCM del 29 settembre 2017”.
Lo stesso decreto stabilisce che ARPA Puglia, ARESS Puglia e ASL di Taranto procedano ad adeguare sia la Valutazione del Danno Sanitario redatta ai sensi del Decreto Interministeriale 24 aprile 2013 che la Valutazione del Danno Sanitario ai sensi della Legge Regionale 21/2012 sulla scorta degli attuali scenari emissivi di riferimento e dei dati sanitari aggiornati, segnalino le criticità e propongano modifiche al Piano Ambientale attualmente in vigore.
“Ora sarà quindi possibile garantire a cittadini e lavoratori risposte certe, scientificamente validate, sulla possibilità che lo stabilimento non continui ad avvelenare e sulle condizioni necessarie affinché non ci siano in futuro altri morti da immolare sull’altare delle esigenze produttive: già nel Rapporto di Valutazione del Danno Sanitario 2018 viene indicata la opportunità, per l’ex Ilva, di una riduzione del 10% delle emissioni di benzene e del 34% delle emissioni di benzo(a)pirene”, aggiunge Legambiente.
Per Legambiente “sono necessarie rilevanti modifiche al Piano ambientale in vigore, che abbiamo sempre giudicato insufficiente, a partire dagli interventi previsti per il cuore nero dello stabilimento, le cokerie, che ne costituiscono una delle principali fonti inquinanti. Vanno in primo luogo accorciati i tempi di realizzazione degli interventi previsti, più lunghi di quelli indicati nell’A.I.A. del 2012, vanno chiuse le batterie dal maggior impatto ambientale e dalla minore efficienza tecnologica, a partire da quelle più vicine al centro abitato, va effettuato il completo rifacimento di tutte le batterie che resteranno in funzione, vanno adottate innovazioni tecnologiche nel processo produttivo che possano eliminare o notevolmente ridurre l’utilizzo di coke. Considerato il pesante contributo emissivo dell’impianto di sinterizzazione chiediamo venga autorizzato l’esercizio di una sola linea”.
Accanto a quelli indicati nel Piano ambientale “sono necessari importanti investimenti anche in relazione alla manutenzione ordinaria e straordinaria di impianti rispetto ai quali da tempo, da più parti, si denuncia la necessità di interventi immediati. Le buone intenzioni, la formazione e la rigorosa applicazione delle normative sulla sicurezza non sono sufficienti: è necessario incidere in profondità sullo stato degli impianti sia per ridurre fortemente e, possibilmente, eliminare i rischi di incidenti sul lavoro, sia per evitare aumenti di emissioni inquinanti causate dal loro cattivo funzionamento che possono incrementare i rischi per la salute sia dei lavoratori che dei cittadini. Riteniamo infine che occorra cominciare concretamente a costruire le condizioni affinché, in futuro, la produzione di acciaio sia totalmente “decarbonizzata”, attraverso l’introduzione di tecnologie innovative e impianti capaci di abbattere drasticamente le emissioni inquinanti”.
L’alternativa “è la riduzione della capacità produttiva in base alle risultanze che fornirà la valutazione preventiva del danno sanitario che, a nostro avviso, non potrà che rafforzare le nostre richieste. Ci auguriamo che le stesse siano affrontate ed accolte nel riesame dell’autorizzazione integrata ambientale disposta dal Ministro dell’Ambiente Sergio Costa e che, di pari passo, si costruisca un portale a disposizione di tutti i cittadini, di chiara e di facile lettura, in cui venga indicato tutto quanto è utile per verificare giorno per giorno, lo stato di avanzamento dei lavori, il rispetto degli impegni assunti da Arcelor Mittal, la situazione ambientale interna ed esterna allo stabilimento”.