Economia circolare “naturale” e salubrità dell’ambiente domestico: questi gli aspetti più fortemente innovativi che caratterizzano la bioedilizia della bioedilizia
RiceHouse – la start-up di Tiziana Monterisi che trasforma gli scarti derivanti dalla lavorazione del riso in materiali naturali per la bioedilizia – mette a segno un altro importante obiettivo: nell’ambito della 9° edizione del “Premio Gaetano Marzotto, Ticket to The Future”, è stata infatti selezionata, tra oltre 350 candidature provenienti da tutta Italia, come una delle 31 start-up vincitrici dei “Percorsi di mentoring” messi in palio dai partner del Premio.
Ma non è tutto, grazie a questo risultato, RiceHouse rientra nella rosa delle giovani aziende che la Giuria del Progetto valuterà il prossimo 21 novembre per individuare il vincitore finale del grant di 50.000 Euro messo in palio dal Premio Marzotto.
RiceHouse rappresenta un progetto imprenditoriale in grado di far convivere innovazione, impresa, cultura e territorio. Tiziana Monterisi, architetto e imprenditrice, oltre 15 anni fa ha fatto una scelta radicale, senza più scendere a compromessi: nei suoi cantieri, infatti, non vengono utilizzati prodotti chimici. L’architetto ha riscoperto materiali antichi – quali paglia e lolla di riso, calce e argilla -, innovandoli a livello tecnologico in modo tale da ottimizzarli per il mondo moderno delle costruzioni. Quello che ne deriva sono materiali edili, completamente naturali, con caratteristiche tecniche molto elevate dal punto di vista delle prestazioni igrotermiche, isolanti, energetiche e acustiche.
La start-up utilizza esclusivamente materiali di origine naturale da filiera corta collegata al territorio, in una nuova ottica di economia circolare naturale: e così i sottoprodotti dell’agricoltura divengono giacimento di prodotti per un’edilizia pulita, minimizzando la produzione di rifiuti e l’impatto ambientale.
Gli edifici firmati dallo studio “Tiziana Monterisi Architetto” sono costruiti secondo un approccio alla bioedilizia, che garantisce un ambiente domestico sano e confortevole. L’utilizzo dei materiali naturali, infatti, permette di avere una casa “salubre”, con una perfetta traspirabilità delle pareti, evitando, tra l’altro, fenomeni di condensa. L’aria risulta più pulita e sana, priva di sostanze volati chimiche dannose per la salute. È ormai provato che l’inquinamento indoor è decisamente più elevato di quello esterno. In medicina il fenomeno viene definito “sick building syndrome”. Vivendo in un’abitazione ecologica, l’incidenza sulle malattie respiratorie diminuisce notevolmente, con una conseguente diminuzione del costo delle cure sul sistema sanitario.
“Dato che non ci sogneremmo mai di indossare tessuti che possano nuocere alla nostra salute, dobbiamo fare lo stesso quando si costruisce un’abitazione – afferma il bioarchitetto Tiziana Monterisi -. Impiegare materiali di origine naturale nella costruzione di una casa, non è solo architettura ma anche economia, salute, benessere e cultura”.
I prodotti RiceHouse, una linea completa – fra massetti, intonaci e isolanti – di biocomposti per l’architettura naturale permettono di realizzare abitazioni a “energia quasi zero”, ovvero con un fabbisogno energetico inferiore a 15 kWh/mq/anno. Un’attenzione particolare viene rivolta “all’involucro esterno”, il cappotto, studiato dal punto di vista progettuale e bioclimatico, per poter sfruttare al massimo tutte le sue potenzialità dal punto di vista del risparmio energetico. Si va poi, in fase successiva, a progettare un’impiantistica adeguata all’effettivo fabbisogno della casa, riducendo costi di gestione e di manutenzione in modo considerevole.
Attualmente RiceHouse rappresenta un vero e proprio processo industriale: la start-up, infatti, non si limita più alla sola progettazione dei cantieri, ma produce e commercializza i materiali che li caratterizzano. I prodotti edili 100% naturali firmati RiceHouse si trovano sul mercato, con certificazioni CE, valori di laboratorio e schede tecniche, e sono di facile utilizzo. Possono essere impiegati anche nei cantieri tradizionali, con gli stessi macchinari già in possesso dalle imprese edili.