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Quanto costa lo smaltimento dei rifiuti in Italia

I dati dell’indagine di Cittadinanzattiva. Circa 300 euro la spesa media. Catania il capoluogo più costoso, Potenza il più economico

Nel 2019 in Italia la spesa media a famiglia per la tassa dei rifiuti urbani è di circa 300 euro. Ma le differenze territoriali sono molto marcate: la Regione più economica è il Trentino Alto Adige, con 190 euro, la più costosa la Campania con 421. Catania è il capoluogo di provincia più costoso (504 euro e un aumento del 15,9% rispetto al 2018), Potenza il più economico (121 euro e un decremento del 13,7% rispetto al 2018). Sono questi alcuni dati resi noti dall’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva e presentati oggi a Roma.

Per quanto riguarda l’analisi delle tariffe dei 112 capoluoghi di provincia, sono state riscontrate variazioni in aumento in circa la metà, 51 capoluoghi, mentre tariffe stabili sono state riscontrate in 27 capoluoghi e in diminuzione in 34. A Matera l’incremento piu’ elevato (+19,1%), a Trapani la diminuzione più consistente (-16,8%). A livello di aree geografiche, i rifiuti costano meno al Nord (in media 258 euro), segue il Centro (299 euro), infine il Sud, più costoso (351 euro). Più di due famiglie su tre (precisamente il 68,2%) ritengono di pagare troppo per la raccolta dei rifiuti: la percentuale sale all’83,4% in Sicilia, segue l’Umbria con l’80,2%, la Puglia con il 79,1%, la Campania con il 78,4%.

Un problema di trasparenza

Solo il 60% delle amministrazioni comunali o delle aziende che gestiscono il servizio ha elaborato e reso disponibile la Carta dei servizi. Solo due su tre indicano il tipo di raccolta effettuata, la metà esplicita la frequenza con cui è effettuata. E al cittadino è ancor meno dato a sapere con che frequenza vengono igienizzati i cassonetti (lo indica appena il 47% delle Carte), pulite le strade (37%) o svuotati i cestini per strada (25%).

L’indagine di Cittadinanzattiva sui costi sostenuti dai cittadini per lo smaltimento dei rifiuti in tutti i capoluoghi di provincia prende come riferimento, nel 2019, una famiglia tipo composta da 3 persone ed una casa di proprietà di 100 metri quadri. La rilevazione è realizzata nell’ambito del progetto “Consapevolmente consumatore, ugualmente cittadino”, finanziato dal Ministero dello Sviluppo economico.

“In tema di smaltimento dei rifiuti – dichiara Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva – continuano a registrarsi in molte aree del Paese ritardi ed inefficienze e la transizione verso un’economia circolare, prevista dalla strategia 2020, sembra essere ancora lontana. Continuiamo a registrare una modalità di calcolo dei costi che non tiene conto dei rifiuti realmente prodotti e quindi non incentiva il cittadino a cambiare i propri comportamenti, perdendo così un’occasione per costruire percorsi innovativi basati sul coinvolgimento di cittadini, aziende ed istituzioni in un circuito virtuoso. Molto marcate – prosegue – sono le differenze territoriali, non solo in termini di costi del servizio ma anche di qualità, e la rilevazione delle eventuali agevolazioni disponibili restituisce una fotografia molto variegata: vivere in una città anziché in un’altra può voler dire disporre di un servizio gestione rifiuti costoso, insoddisfacente e con limitate agevolazioni a sostegno del pagamento della tariffa”.

Quanti rifiuti produciamo

Secondo il rapporto ‘Rifiuti urbani’ 2018 dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), gli italiani nel 2017 hanno prodotto meno rifiuti (29,6 milioni di tonnellate, -1,7% rispetto al 2016). La maggioranza di quelli urbani è prodotta al Nord (47%) segue il Sud con il 31% e infine il Centro (22%).

La media nazionale di raccolta differenziata ha raggiunto il 55,5% (+3 punti rispetto al 2016), mentre il 23% finisce in discarica. A livello di aree geografiche, anche in questo caso il Nord si posiziona al primo posto (66,2%) seguito dal Centro (51,8%) e dal Sud (41,9%). Percentuali più elevate di raccolta differenziata in Veneto (73,6%), Trentino Alto Adige (72%), Lombardia (69,6%), Friuli Venezia Giulia (65,5%). Le più basse, invece, si registrano in Sicilia (appena il 21,7%), Molise (30,7%) e Calabria (39,7%).