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Plastic tax, retromarcia sul Tetrapak: sarà tassato. Riciclarlo è difficile, la parte di rifiuto che viene riutilizzata si ferma al 25%

Il governo, con un occhio alle elezioni in Emilia-Romagna dove c’è la sede italiana della multinazionale che lo produce, aveva deciso di esentarlo. Poi il ripensamento. È un materiale poliaccoppiato, composto per il 20% da plastica mentre la gran parte dell’imballaggio è di carta (75%) più una piccola parte di alluminio. Una composizione che aumenta le difficoltà nel processo di recupero

Prima l’esenzione, poi la retromarcia. Lunedì il governo giallorosso, con un occhio all’Emilia-Romagna che va alle urne a gennaio, aveva deciso di esentare dalla plastic tax gli imballaggi in Tetrapak. Composti in parte anche da fogli di plastica e prodotti dall’omonima multinazionale svedese che in Italia ha il suo cuore produttivo tra Modena e Rubiera, dove lavorano 1.200 persone. Una scelta difficilmente spiegabile visto che per il tetrapak il tasso di riciclo meccanico, ovvero la parte di rifiuto che effettivamente viene riutilizzata, è molto basso: intorno al 25%, molto sotto quello della plastica che è al 40%. Ma molto più comprensibile se letta in chiave politica: per la prima volta dal dopoguerra in Emilia-Romagna la partita è aperta e si può decidere anche per pochi voti. Già mercoledì però è arrivata la marcia indietro: la tassa cala ancora (da 50 a 45 centesimi al chilo), in compenso colpirà anche il tetrapak.

Latte, succhi di frutta, panna da cucina, vino. Circa l’80% delle bevande in commercio in Italia, a esclusione di quelle gassate, finisce in un contenitore di Tetrapak. Ma se l’utilizzo di questo imballaggio è così diversificato, la produzione è di fatto un monopolio: a detenerlo è l’omonima multinazionale svedese, che ideò la prima confezione per il latte a base di carta nel 1952 e poi ne ha fatto un impero. I numeri dell’azienda, che nel 1991 si è fusa con Alfa Laval, uno dei maggiori produttori al mondo di macchine per l’industria alimentare, dando vita al gruppo Tetra Laval, parlano da soli: 11,2 miliardi di vendite nette all’anno in più di 160 paesi, 188 miliardi di confezioni prodotte ogni anno, 25mila dipendenti in 56 stabilimenti nel mondo. Tra questi, quello di Rubiera: “A suo tempo, l’azienda ha valutato attentamente la scelta di costruire qui l’impianto: la provincia emiliana è nota in tutto il mondo per la sua operosità, e lungo la via Emilia, in particolare tra Modena e Reggio, hanno visto la luce alcuni dei casi aziendali italiani di successo noti in tutto il mondo”, ha raccontato l’ex presidente e ad di Tetra Pak italiana Paulo Nigro. E infatti, a Modena, ha sede il centro mondiale di Ricerca e Sviluppo della Tetra Pak sui sistemi di confezionamento asettici.

Il tetrapak è un materiale poliaccoppiato, composto per il 20% da plastica, mentre la gran parte dell’imballaggio è costituito da carta (75%) più una piccola parte di alluminio. Una composizione che aumenta le difficoltà nel processo di riciclaggio e recupero: “Nella fase di raccolta differenziata può andare insieme a carta o plastica, ma poi deve essere sottoposto a un processo industriale che divide le due parti”, spiega Laura Brambilla, responsabile nazionale della campagna ‘Puliamo il mondo’ di Legambiente. “Il passaggio ulteriore per recuperare la frazione di plastica e alluminio allunga il ciclo. Noi non condanniamo questo, ma chiediamo a chi fa imballaggi impattanti di andare verso una produzione che aiuti il riciclaggio”.

Nella gran parte dei casi però la plastica del tetrapak non si recupera: “L’interpretazione che ha sempre regolato lo smaltimento dei poliaccoppiati è quella del materiale prevalente”, spiega Ezio Scavia, membro del cda di Comieco, il consorzio che si occupa del riciclo e del recupero degli imballaggi a base cellulosica. “Nel caso del tetrapak, il materiale prevalente è la carta ed è a quello che si fa riferimento per lo smaltimento”. Sono i Comuni a scegliere come raccogliere questo rifiuto: ad oggi, quasi l’80% del tetrapak nel nostro paese viene differenziato con la carta e finisce insieme a tutto il materiale simile in una delle 80 cartiere italiane. “Nella misura del 3-4% rispetto al totale, il tetrapak non dà alcun fastidio nella lavorazione: i pulper spappolano il contenitore e recuperano la fibra, mentre le componenti di plastica e alluminio seguono il percorso di scarto della cartiera”. E di fatto vengono perse.

Ci sono solo due cartiere in Italia, a Lucca e a Verona, in grado di separare il tetrapak autonomamente, ed è quello che arriva dalla raccolta differenziata insieme alla plastica: “Qui si lavora in maniera esclusiva il tetrapak, recuperando non solo la fibra, ma anche riciclando la parte di plastica”. Nel complesso, però, il tasso di riciclo meccanico, ovvero la parte di rifiuto che effettivamente viene riutilizzata, è molto basso: per il tetrapak è intorno al 25%, molto sotto anche al tasso della plastica, al 40%.