Il 26 settembre sono entrati in vigore quattro decreti attuativi del ‘Pacchetto Economia circolare’ che attuano alcune importanti direttive europee. Cambia la definizione di rifiuto urbano e dal 2023 sarà obbligatoria la raccolta differenziata dei rifiuti organici. Viene estesa la responsabilità del produttore nella gestione della fase post-consumo, che dovrà coprire almeno l’80% dei costi complessivi. Si prevede l’adozione di un Programma nazionale di gestione dei rifiuti, che potrebbe aprire le porte alla realizzazione di nuovi impianti.
Novità che preoccupano molti addetti ai lavori. I primi allarmi vengono dal CNA e dalle associazioni ambientaliste, ma anche da Fise Assoambiente che stima servano investimenti per dieci miliardi di euro (nei prossimi 15 anni) e denuncia refusi nel testo di legge.
CNA: semplificazione virtuale ma Tari reale
La Confederazione dell’artigianato e della piccola impresa lancia l’allarme sul decreto. Alcune norme del provvedimento, infatti, determinano un pesante aggravio di costi a carico delle imprese e mettono a rischio il percorso virtuoso verso l’economia circolare.
A giudizio della CNA, il decreto interpreta erroneamente la definizione indicata nella direttiva comunitaria trasformando di fatto in rifiuti urbani una quota rilevante di rifiuti speciali non pericolosi prodotti dalle imprese.
“La novità potrebbe rappresentare una semplificazione, potendo gestire i rifiuti speciali non pericolosi come rifiuti urbani, ma nella sostanza comporterà un aumento dei costi per i produttori – afferma la vice presidente CNA alle politiche della sostenibilità, ambiente e energia, Elena Calabria – Infatti, per molte imprese ci sarà un ampliamento delle superfici che rientrano nel computo della Tari con relativo incremento dell’imposta che per alcuni settori potrebbe arrivare fino a cinque volte gli importi attuali”.
Il correttivo introdotto nel corso dell’iter di conversione è insufficiente. La possibilità concessa alle imprese di scegliere una gestione a mercato di tali rifiuti risulta fittizia, in quanto non è chiaro l’effettivo risparmio sulla Tari, e soprattutto perché introduce un assurdo vincolo contrattuale di cinque anni che contrasta con la libertà dell’attività economica.
Infine il Decreto favorisce la gestione dei rifiuti speciali non pericolosi all’interno del servizio pubblico che molto difficilmente potrà garantire tassi di riciclo superiori a quelli realizzati negli anni dalla gestione a mercato.
Legambiente e Zero Waste Europe: economia circolare, un’occasione sprecata
“Il pacchetto di direttive europee approvato due anni e mezzo fa rappresenta una rivoluzione per l’economia circolare europea – spiega a ilfattoquotidiano.it il presidente di Legambiente Stefano Ciafani – In Italia si poteva fare qualcosa di più, tenuto conto che in determinate aree del nostro Paese alcuni degli obiettivi di cui si discuteva, come quelli del riciclo da raccolta differenziata, erano già stati raggiunti”. Per Ciafani, l’Italia ha sì giocato un ruolo di primo piano, ma le bozze scritte dai gruppi di lavoro istituiti al ministero dell’Ambiente “ad un certo punto sono state messe da parte”. Il risultato? “Una traduzione quasi letterale della direttiva europea. Di nostro c’è davvero poco” spiega sempre a ilfattoquotidiano.it Enzo Favoino, della Scuola Agraria del Parco di Monza e coordinatore scientifico di Zero Waste Europe, che pure aveva partecipato ai gruppi di lavoro.
Fise Assoambiente: investire in nuovi impianti e… correggere i refusi!
Aumenta la produzione, mancano impianti di riciclo, cresce export; servono investimenti per 10 miliardi. Questa in sintesi la posizione di Fise Assombiente (Associazione delle imprese di igiene urbana, riciclo, recupero e smaltimento di rifiuti urbani e speciali ed attività di bonifica), espressa nel dossier “Per una strategia nazionale dei rifiuti – La strategia nazionale mette le gambe”, che anticipa la pubblicazione del Rapporto annuale.
L’associazione ha inoltre denunciato alcuni gravi refusi nel Dlgs 121/2020 appena pubblicato. “Al fine di evitare importanti criticità nello smaltimento in discarica dei rifiuti che attualmente non trovano altri sbocchi, chiediamo un urgente intervento da parte del Ministero dell’Ambiente sul nuovo Decreto, sia a livello normativo (con la correzione di alcuni refusi e di disposizioni non coordinate tra loro), sia a livello di indirizzo verso le Regioni al fine di definire eventuali ordinanze volte a superare le criticità evidenziate”.
Secondo Fise Assombiente il ministero ha assemblato in un’unica norma le disposizioni in materia di discariche contenute precedentemente in due decreti (D.lgs. 36/2003 e DM 27 settembre 2010). Nella riscrittura del testo, nuove disposizioni, non coordinate tra loro, e diversi refusi (tra cui il riferimento errato alla tabella 5a) mettono a serio rischio il proseguimento del conferimento dei rifiuti in discarica soprattutto per i rifiuti urbani e per i rifiuti non pericolosi.