L’industria nazionale del riciclo consolida la propria crescita, avviando a riciclo nel 2016 il 67% degli imballaggi e trattando quantitativi crescenti di rifiuti provenienti da raccolte differenziate (umido e tessile) e da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (AEE). A 20 anni dall’introduzione della prima disciplina organica che ha consentito la nascita, l’evoluzione e la crescita di un settore che nel tempo è divenuto industriale, il nostro Paese ha raggiunto livelli di eccellenza nel riciclaggio dei rifiuti.
Sono queste le principali evidenze emerse nel corso della presentazione dello studio annuale “L’Italia del Riciclo”, il Rapporto promosso e realizzato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e da FISE Unire (l’Associazione che rappresenta le aziende del recupero rifiuti) tenutasi stamane nel corso di un convegno a Roma.
L’Italia, e l’Europa più in generale, è alla vigilia di un ambizioso rilancio delle politiche di gestione dei rifiuti, verso una maggiore circolarità delle risorse. I nuovi e più ambiziosi target proposti dal Pacchetto sull’Economia Circolare e la contemporanea adozione di modalità uniformi per il calcolo del riciclato avranno sicuramente un forte impatto sul mercato, ma anche sul sistema Paese nel suo complesso. Ulteriore, auspicabile, effetto positivo sarà anche quello di contribuire a stabilizzare la domanda e i prezzi dei materiali riciclati, fornendo maggiori certezze agli investitori.
Nelle diverse filiere nazionali degli imballaggi il riciclo si è mantenuto, anche nel 2016, su un buon livello raggiungendo quota 8,4 milioni di tonnellate avviate a riciclo (il 3% in più rispetto al 2015) pari al 67% dell’immesso al consumo.
La crescita più significativa si è registrata nelle filiere dell’alluminio (+5%), dell’acciaio (+4%) e del legno (+4%), mentre si sono confermate le eccellenze nel tasso di riciclo della carta (80%) e dell’acciaio (77,5%).
Nel 2016 la frazione organica, che da sempre rappresenta la porzione principale dei rifiuti urbani avviati a recupero, ha gradualmente incrementato il suo peso rispetto al totale dei rifiuti che entra nel circuito della raccolta differenziata con una percentuale che è cresciuta, passando dal 40% del 2011 al 41,2% nel 2016 e raggiungendo i 107,6 kg per abitante.
Con riferimento agli Pneumatici Fuori Uso (PFU), i tre principali Consorzi nazionali nel 2016 hanno garantito l’avvio a recupero di 135 mila tonnellate di materia e l’avvio a recupero energetico di 173 mila tonnellate. Per quanto riguarda i Veicoli Fuori Uso (ELV), la filiera resta ancora lontana dal target europeo di recupero totale (del 95% al 2015), anche a causa dell’assenza di forme di recupero energetico.
Si conferma l’eccellenza italiana degli oli minerali usati, con oltre il 99% degli oli gestiti avviati a rigenerazione, mentre cresce anche la raccolta degli oli vegetali esausti che tocca le 65 mila tonnellate (+5% vs 2015).
Anche settori più “giovani”, come quello dei rifiuti tessili, vedono crescere la raccolta (133 mila tonnellate, +3,3% vs 2015) con quasi il 73% dei Comuni che ha effettuato il servizio di raccolta differenziata.
Secondo gli ultimi dati resi disponibili da EUROSTAT e relativi al 2014, la raccolta pro-capite di RAEE da superficie domestica ha raggiunto i 3,5 kg per abitante l’anno (l’85% dei quali destinato a recupero energetico o di materia), mentre è stato raccolto il 39% dell’immesso al consumo di pile e accumulatori portatili.
Con riferimento allo stesso anno, un’analisi realizzata da Ecocerved evidenzia una produzione di rifiuti inerti da costruzione e demolizione pari a 54 milioni di tonnellate di cui il 90% avviati a recupero di materia.
“La crescita continua dell’industria italiana del riciclo”, ha dichiarato Andrea Fluttero, Presidente di FISE Unire, “unita alla prossima approvazione del Pacchetto europeo sull’Economia Circolare offre l’opportunità al nostro Paese e al sistema delle imprese del recupero e del riciclo di passare da sistema ausiliario alla gestione dei rifiuti ad anello strutturale del modello di economia circolare, con effetti positivi per l’ambiente, l’economia e l’occupazione. Per dare concretezza a questa prospettiva occorre risolvere una serie di problemi, come il collocamento delle sempre maggiori quantità di materie prime e di scarti che risultano dal riciclo. Servono i decreti End of Waste ed è necessario affrontare sia il problema dell’oscillazione dei prezzi delle materie prime, sia quello dei costi di smaltimento delle frazioni di scarto. Bisogna completare la dotazione impiantistica sull’intero territorio nazionale, superando le resistenze delle comunità locali spesso strumentalizzate e far dialogare il mondo della progettazione/produzione con i settori del recupero/riciclo”.
“L’ industria italiana del riciclo – ha affermato Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – ha raggiunto un buon livello e vede nel futuro prospettive di crescita consistenti. Ma per affrontare le sfide poste dalla circular economy deve fare un salto di qualità per migliorare le sue capacità di attivare e di usufruire di politiche di sistema con progetti di diffusione di migliori tecniche di filiera, per mobilitare le risorse finanziarie necessarie alla nuova fase di sviluppo e per trovare maggiori sbocchi di mercato per i prodotti del riciclo. Solo così sarà possibile raggiungere gli obiettivi previsti dal Pacchetto europeo sull’Economia Circolare”.
L’evoluzione della gestione dei rifiuti in Europa e in Italia
Questa edizione del Rapporto, oltre ad approfondire le dinamiche delle diverse filiere, propone un focus, realizzato da Ecocerved, sull’evoluzione della gestione dei rifiuti in Europa e in particolare in Italia, a 20 anni dall’emanazione del D.Lgs. 22/97 che ha disciplinato per la prima volta in modo organico il settore dei rifiuti.
Nel 2014, il 51% del totale dei rifiuti gestiti in Europa risulta oggi avviato a recupero, il 49% a smaltimento. In Italia e Germania l’incidenza del recupero sul totale trattato è significativamente superiore alla media europea, con punte del 79%; in Francia raggiunge il 69%. Nell’UE, il settore della gestione dei rifiuti genera un fatturato complessivo di 155 miliardi di euro e produce quasi 50 miliardi di euro di valore aggiunto; entrambe le voci mostrano inoltre una crescita nominale di circa il 10% rispetto al 2011. Anche in termini economici il Paese che si attesta sui livelli più alti è la Germania, mentre quello con la maggiore accelerazione nel tempo è la Spagna (+25% di fatturato e +50% di valore aggiunto dal il 2011). L’Italia, con più di 23 miliardi di euro, pesa per il 15% del fatturato complessivamente generato dal settore della gestione dei rifiuti in Europa nel 2014.
A livello nazionale, la quantità di rifiuti destinata al recupero è più che raddoppiata dal 1999 al 2015, passando da circa 29 a 64 milioni di tonnellate, mentre l’avvio a smaltimento si è drasticamente ridotto da 35 a 18 milioni di tonnellate. Nel 2015 il 55% dei rifiuti gestiti è stato avviato a recupero, il 16% a smaltimento e il 29% a pretrattamenti, a fronte di percentuali che nel 1999 erano, nell’ordine: 38%, 46% e 17%. Anche sui rifiuti urbani e da raccolta differenziata si è registrata negli anni una notevole inversione di tendenza, con un deciso rafforzamento dell’avvio a recupero e la marginalizzazione dello smaltimento.
Parimenti il tessuto imprenditoriale è mutato: le circa 10.500 imprese che nel 2015 gestiscono rifiuti, a titolo di attività principale o secondaria, sono infatti diminuite rispetto al 1999, in seguito a processi di concentrazione e integrazione aziendale, con un grosso aumento delle società di capitale e una riduzione costante delle imprese individuali, che si sono praticamente dimezzate tra il 1999 e il 2015, a testimonianza di una progressiva industrializzazione del settore. Esaminando i risultati economici di un panel di oltre 1.000 imprese che da più di 10 anni gestiscono rifiuti come loro “core business”, il gestore medio conta un fatturato di 16 milioni di euro nel 2015, una cifra più che raddoppiata in termini reali rispetto al 2003. Le piccole imprese (con un numero di addetti compreso tra 10 e 49), che negli anni hanno via via ampliato la loro quota di mercato, spiccano nel 2015 con il più alto livello di valore aggiunto. Si stima infine, sulla base di questo panel, che l’industria del riciclo abbia prodotto 12,6 miliardi di euro di valore aggiunto nel 2015, equivalenti a circa l’1% dell’intero PIL.