Secondo la Commissione Europea che ha redatto il documento “Superfici impermeabili, costi nascosti” l’impermeabilizzazione dei suoli è uno dei problemi più preoccupanti per l’Europa anche perché irreversibile. La formazione del suolo infatti è talmente lenta da richiedere vari decenni per uno sviluppo di qualche centimetro.
Nel vecchio continente l’occupazione dei suoli ha superato i 1000 km2 all’anno, che, per rendere l’idea, corrispondono ad un’area superiore a quella della città di Berlino. Tra gli Stati membri dell’UE con la percentuale più elevata di territorio nazionale impermeabilizzato (superiore al 5 %), troviamo i Paesi Bassi, il Belgio, la Germania e il Lussemburgo.
Il suolo ricopre un ruolo importante per molti motivi, è la base dei terreni agricoli e delle zone boschive, dunque fondamentale per la produzione alimentare, tessile e di legname. Ma svolge altri ruoli non secondari come filtrare l’acqua, ridurre il rischio di alluvioni e siccità, contribuire a ridurre gli effetti dei cambiamenti climatici e sostenere la biodiversità.
Nonostante il ruolo così importante giocato dal suolo non esiste una normativa comunitaria che difenda il terreno, così come accade per la risorsa idrica o per l’aria o per altre matrici ambientali.
Accade allora che si aumentino le costruzioni con estrema facilità e si impermeabilizzi il suolo, isolando il terreno dall’atmosfera e riducendo la sua capacità di offrire i suoi servizi.
Con quali conseguenze?
Pensiamo che il terreno, per sua natura, ha la capacità di trattenere l’acqua e quindi quest’ultima, in caso di abbondanti piogge, raggiunge più tardi i fiumi, in quanto inglobata dal suolo. Ma se questo è reso impermeabile, accade che si manifestino fenomeni quali le “bombe d’acqua”, l’ingrossamento dei fiumi con pericolo di straripamento o l’intasamento dei sistemi fognari.
Anche il servizio di tutela della biodiversità da parte del suolo viene messo a repentaglio dalla sua impermeabilizzazione. Un suolo sano provvede al sostentamento di un mondo sotterraneo altrettanto sano (composto da microrganismi e organismi di maggiori dimensioni, come lombrichi e talpe, nonché da piante), che, in cambio, conferisce al suolo una struttura solida, rendendolo maggiormente permeabile all’acqua e ai gas. Il suolo è inoltre fondamentale per la sopravvivenza delle specie che vivono in superficie.
Una minore superficie coltivabile comporta che i terreni vengano stressati, poiché gli stessi quantitativi di cibo devono essere prodotti da un numero ridotto di terreni. Questo significa anche l’ aumento del costo dei prodotti alimentari.
Ultima, ma non ultima, alberi, piante e suoli non edificati rendono più fresche le città durante il periodo estivo, le superfici scure di asfalto e cemento, invece, assorbono il calore, creando l’effetto “isola di calore urbana”. Vivere in ambienti verdi quindi migliora la qualità della nostra vita, le aree verdi rappresentano infatti “polmoni” per le città e per i suoi abitanti.
Quali soluzioni?
La prima regola da applicare è quella del “meno e meglio” ovvero minore impermeabilizzazione e migliore pianificazione.
In secondo luogo è necessario ridurre il consumo di suolo fino ad arrivare nel 2050 al consumo netto di suolo zero.
Infine per proteggere il suolo è necessaria una buona pianificazione territoriale a livello regionale e locale ispirata ai principi della sostenibilità. Tre sono le misure a cui rifarsi:
- limitazione,
- mitigazione
- compensazione.
In altre parole significa: limitazione dell’impermeabilizzazione dei suoli, se non è possibile, bisogna allora mitigare gli effetti, ad esempio, con l’installazione di tetti verdi, ed infine si dovrà procedere alla compensazione dell’impermeabilizzazione attraverso attività di ripristino dei suoli presenti, esempio bonificando i suoli inquinati per renderli nuovamente fruibili.