I rappresentanti di 175 Paesi sono riuniti dal 13 novembre a Nairobi, in Kenya, per negoziare per la prima volta un trattato globale vincolante con misure concrete per porre fine ai rifiuti di plastica. Oltre un migliaio di delegati, inclusi ministri di governo da tutto il mondo, lavoreranno fino a domenica 19 novembre per concordare uno strumento giuridicamente vincolante e soddisfare l’obiettivo dell’ONU di chiudere in negoziati del Trattato globale sulla plastica entro la fine del 2024.
“L’inquinamento della plastica continua a inondare i nostri oceani, a nuocere alla fauna, ad infiltrarsi nei nostri ecosistemi. Rappresenta una minaccia diretta per il nostro ambiente, per la salute umana, per l’equilibrio precario del nostro pianeta”, ha dichiarato in apertura dei lavori a Nairobi Gustavo Meza-Cuadra Velasquez, presidente del Comitato internazionale dei negoziati (Inc) del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep).
Esiste un ampio consenso sulla necessità di un trattato. Ma tra le politiche difese dai diversi Paesi, dagli ambientalisti e dall’industria della plastica, le posizioni divergono. La “bozza zero” mette sul tavolo tutte le opzioni. A seconda della direzione che prenderanno i negoziati, il trattato potrebbe essere un patto per la natura o “un accordo di comodo con l’industria della plastica”, avverte l’inviato speciale delle Nazioni Unite per gli oceani, Peter Thomson.
Proprio nel giorno in cui si apre ufficialmente questo terzo round di negoziati Greenpeace lancia un video-appello. Tredici celebri personalità del mondo del cinema, dello sport e dell’attivismo sono protagoniste nel chiedere ai governi di porre fine all’era della plastica: “Abbiamo bisogno di porre fine all’era della plastica, perché questa uccide la natura. Proteggiamo i Popoli Indigeni. La nostra terra in Africa non è una discarica. Un Trattato globale ambizioso è l’unico modo per porre fine all’era della plastica”, dichiarano l’etologa Jane Goodall, l’attore sudcoreano Lee Jung-jae, e la leader indigena Hindou Oumarou Ibrahim.
Greenpeace ricorda che oltre il 99% della plastica è ottenuto dai combustibili fossili e, con una produzione destinata ad aumentare in modo esponenziale, la plastica rischia di aggravare ulteriormente la crisi climatica. Per questo, da tempo, l’organizzazione ambientalista chiede che l’inquinamento da plastica, tra le più gravi emergenze del nostro tempo, venga affrontato all’origine, riducendo la produzione.
“Il Trattato globale sulla plastica deve tagliare almeno il 75% della produzione totale di plastica entro il 2040 per mantenere l’aumento della temperatura globale entro la soglia critica di 1,5°C e proteggere così il clima, la nostra salute, i nostri diritti e le nostre comunità”, spiega Graham Forbes, capo della delegazione di Greenpeace ai negoziati in corso a Nairobi. “Abbiamo un’opportunità unica per risolvere la crisi della plastica: per il bene del nostro futuro come collettività, non possiamo sprecare questo momento”.