E’ ormai un gigante muto e ingrigito dal tempo, ma quando entrò in funzione, nel 1963, era l’impianto atomico più grande d’Europa. E’ la centrale nucleare di Latina, la prima d’Italia, spenta come le altre a seguito del referendum dell’87 che sancì l’addio del nostro Paese alla produzione di energia atomica.
Oggi la centrale è affidata a Sogin, la società pubblica responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari e della gestione dei rifiuti radioattivi, che l’ha aperta al pubblico per far conoscere il processo di decommissiong, come si dice in gergo tecnico.
Per il sito di Latina, i lavori sono arrivati ad un 25% di avanzamento. Il combustibile, che costituiva il 95% della radiottività, è stato trasferito all’estero per il riprocessamento, sono state bonificate due delle tre piscine di raffreddamento, ed è in costruzione un ulteriore deposito – antisismico e antimissile – che conterrà i fanghi radioattivi ancora rimasti.
“La prima fase – ha spiegato Agostino Rivieccio, responsabile disattivazione della centrale – dovrebbe concludersi tra il 2025 e il 2027, con lo smantellamento delle infrastrutture e l’abbassamento dell’edificio reattore dagli attuali 50 metri a 30”. Ma per procedere alla seconda e ultima fase si dovrà attendere la costruzione del Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, che ospiterà tutti i rifiuti atomici finora custoditi nelle diverse centrali. Solo a quel punto potrà essere demolito il reattore di Latina, che produrrà circa 2 mila tonnellate di rifiuti altamente radioattivi.
Luca Desiata, aministratore delegato di Sogin, ha fatto il punto sul complesso iter per la realizzazione del Deposito nazionale: “La Sogin da parte sua ha recentemente consegnato la Cnapi, la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee. E’ in attesa da parte dei ministeri del nulla osta per la pubblicazione della Cnapi. Da recenti dichiarazioni dei ministri Galletti e Calenda il nulla osta per la pubblicazione arriverà solo a valle della fase di Vas (valutazione ambientale strategica), nel programma nazionale di gestione dei rifiuti radioattivi. Questo per permettere un’approfondita analisi di tutti gli aspetti ambientali e di ricadute sul territorio di questo importante progetto per il Paese”. Se tutto andrà come nei piani, lo smantellamento dovrebbe concludersi nel 2035, e al posto del reattore ci sarà un prato verde, oppure, come suggerisce la vista della sala comandi dell’epoca, uno splendido museo di archeologia industriale.