“La nuova proposta di Regolamento europeo sugli imballaggi è irricevibile”. Non usa mezza misure Federdistribuzione nel commentare la bozza da poco circolata in merito al nuovo regolamento europeo sulla gestione degli imballaggi che la Commissione dovrà presentare prossimamente.
In Italia sono oltre 700mila le aziende che rischiano di essere travolte dal nuovo regolamento, già abbozzato a Bruxelles, che gela la strategia del riciclo degli imballaggi per puntare sul riutilizzo. È allarme generale nell’industria e nel settore dei servizi in Italia. Il cambio di strategia infatti colpisce il sistema Paese che proprio nell’industria del riciclo ha un primato europeo. Tra produttori, utilizzatori industriali e commercianti la svolta europea ha infatti un possibile impatto su 6,3 milioni di dipendenti e su un mondo produttivo che fattura 1.850 miliardi di euro. Si tratta praticamente della totalità delle aziende associate al Conai, il Consorzio nazionale imballaggi, a cui andrebbero aggiunte quelle del settore agricolo, della logistica e dell’Horeca che pure con il packaging lavorano, e i produttori di macchine per imballaggi.
“Il tasso di riciclo degli imballaggi negli ultimi anni in Italia ha superato ogni previsione, con percentuali intorno al 70%, raggiungendo con anni di anticipo gli obiettivi previsti dall’Europa per il 2030 – prosegue la nota di Federdistribuzione – Riteniamo inadatto che un Regolamento UE vada a disciplinare la materia, mentre sarebbe più opportuno l’utilizzo di una Direttiva come linea di indirizzo che lasci agli Stati membri la possibilità di trovare gli strumenti migliori per sviluppare le rispettive strategie di economia circolare e per implementare i propri sistemi industriali che operano nella gestione dei rifiuti, con tempi di attuazione adeguati”.
Tra le criticità rilevate spicca la parte relativa al riutilizzo. “Con riferimento ai sistemi DRS (Deposit Return System), si è dimostrato come in diversi Paesi non hanno creato efficienza ma, in alcuni casi, hanno danneggiato il sistema di raccolta e riciclo già operante. È quindi indispensabile un’implementazione con i tempi e le cautele adeguate, secondo regole di buon senso che non appesantiscano troppo il costo per i consumatori, soprattutto in un momento come quello che stiamo attraversando. I punti di vendita potranno anche dare un contributo in questa direzione, ma non possono diventare un sostituto dei centri di raccolta autorizzati: non si possono trasformare i luoghi del commercio e dello shopping in centri di smistamento rifiuti. Riteniamo fondamentale che in sede di discussione della proposta di Regolamento il “sistema Italia” (Governo, Istituzioni e associazioni) sia in grado di tutelare il modello circolare nazionale, affinché non venga scardinato un’eccellenza italiana nel panorama europeo”.
È l’intera filiera industriale del riciclo sviluppata attorno al modello di raccolta selettiva dei rifiuti e del recupero nato con il Decreto Ronchi, insieme allo stesso Conai, ente privato con finalità pubblica che in questi anni ha fatto funzionare il sistema. Chiedendo un contributo (Cac) ai produttori e utilizzatori di imballaggi e usandolo per implementare la raccolta differenziata.
Qualche numero: nel 2021 Conai ha riconosciuto alle amministrazioni locali italiane quasi 727 milioni di euro (70 milioni in più rispetto al 2020) mentre 445 milioni sono stati destinati al finanziamento di attività di trattamento, riciclo e recupero.
Al momento è circolata solo una bozza del nuovo regolamento: un documento lungo quasi 200 pagine, che tocca diversi ambiti e aspetti della gestione del ciclo di vita degli imballaggi, a partire dalla loro immissione sul mercato. Tanto è bastato a mettere in allerta il mondo delle imprese, perché la proposta «rimette in discussione in Italia il modello di riciclo ormai consolidato e su cui il nostro Paese è al primo posto in Europa. Inoltre, il riciclo sarà oggetto di ulteriore rafforzamento grazie agli investimenti del Pnrr mentre invece questo regolamento rischia di vanificare gli sforzi e gli obiettivi raggiunti finora, andando a creare danni economici tutt’altro che trascurabili lungo l’intera filiera della gestione dei rifiuti», sottolinea Confindustria.