La sfida del nuovo Piano Nazionale di adattamento climatico e la Legge per il Clima: l’approfondimento con le istituzioni, gli esperti e i politici alla Camera dei Deputati
L’ultimo rapporto del Panel Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC) ha recentemente confermato l’allarme: il surriscaldamento del pianeta, con un aumento della temperatura media globale di 1.1°C rispetto all’era preindustriale (1850-1900), sta già avendo impatti diffusi e disastrosi in tutto il mondo. Il superamento della soglia di 1,5°C entro la fine del secolo avrà effetti probabilmente devastanti sull’ecosistema globale e sulle generazioni future. Per questo è fondamentale contenere il surriscaldamento entro la soglia critica invertendo la rotta con politiche climatiche ambiziose in grado di ridurre le emissioni climalteranti globali del 43% entro il 2030, attraverso il phasing-out dei sussidi alle fonti fossili entro il 2030, la decarbonizzazione del settore elettrico con il phasing out del carbone e del gas fossile, entro il 2030 per i Paesi OCSE ed il 2040 a livello globale, e l’accelerazione della giusta transizione verso un futuro libero dalle fossili e 100% rinnovabile, secondo i calcoli di Legambiente.
Di emergenza climatica si è parlato oggi a Roma, presso la nuova Aula dei Gruppi parlamentari della Camera dei deputati, in una conferenza di approfondimento sui temi del Piano Nazionale di adattamento climatico e Legge per il Clima, organizzata in occasione del lancio del progetto europeo Life Climax Po, alla quale hanno partecipato numerosi esperti e rappresentanti istituzionali e politici, tra i quali Vannia Gava, Viceministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Sergio Costa, Vicepresidente della Camera dei deputati, Alessandro Manuel Benvenuto, Questore della Camera dei Deputati, Laura D’Aprile e Silvano Pecora (MASE), Titti Postiglione, Vice Capo DPC e Coordinatrice del Comitato di Indirizzo per la Meteorologia e Climatologia, e Elena López-Gunn, dell’European Scientific Advisory Board on Climate Change. La mattinata è proseguita con una tavola rotonda moderata da Andrea Gavazzoli con la partecipazione di Chiara Braga (PD), Silvia Fregolent (IV), Erica Mazzetti (FI), Angelo Bonelli (AVS), Massimo Milani (FDI), con le conclusioni di Alessandro Bratti, Segretario Generale AdBPo e Vicepresidente Board Agenzia Europea dell’Ambiente.
“Il progetto Climax Po che abbiamo presentato insieme a tutti i partner coinvolti attivamente – ha sottolineato il Segretario Generale dell’Autorità di bacino distrettuale del Fiume Po Alessandro Bratti – rappresenta un’applicazione molto concreta del Piano di Adattamento al cambiamento climatico. Un cambiamento climatico che necessita sempre di più di azioni adeguate alle criticità,
sia di natura gestionale che infrastrutturale, utili a contrastarne gli effetti più negativi; Climax Po aiuta ad affrontare queste tematiche, combinando insieme i vari approcci, nessuno dei quali può essere trascurabile”.
Il distretto del fiume Po (DIP). Caratteristiche e criticità di un hot spot climatico
Il distretto del fiume Po si estende per circa 87.000 chilometri quadrati comprendendo otto regioni (Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Marche), la Provincia autonoma di Trento e parte del territorio francese e svizzero. Quasi un terzo della popolazione italiana, circa 20 milioni, vive nel territorio del Distretto. Nello stesso territorio viene prodotto oltre il 40% del PIL nazionale, il 55% della produzione idroelettrica e sono presenti oltre 3 milioni di ettari di superficie agricola. All’interno dell’intero bacino si contano 684 i siti natura 2000 e 420 aree naturali protette locali, regionali e nazionali. Il Fiume Po è quindi un ecosistema naturale ricco di specie e habitat di estremo valore conservati all’interno di 37 Zone di protezione speciale e 49 Zone speciali di conservazione identificati ai sensi della Direttiva Habitat e della Direttiva Uccelli, e da 13 aree naturali protette di interesse locale, regionale o nazionale.
Gli Assesment Report dell’IPCC includono il DIP nelle aree Europee continentali che subiranno una variazione del regime piovoso ed un aumento degli eventi idrometeorologici estremi. In base ai modelli climatici di circolazione globale, il DIP si trova nella fascia Europea di transizione della variazione di piovosità, caratterizzata da un alto grado di indeterminatezza previsionale che genera incertezza sugli sviluppi futuri del clima.
Le attività di monitoraggio meteo-idrologico da parte delle Agenzie ambientali del Distretto confermano ed in alcuni casi rafforzano i trend nazionali di aumento della temperatura.
In termini di precipitazioni, si è osservato un aumento dell’intensità dei singoli eventi piovosi ma una riduzione complessiva del numero di eventi totali col risultato di un rilevante calo delle precipitazioni medie nel distretto del fiume Po di circa il 20 % su base annua e del 35 % nel periodo gennaio-agosto. La diminuzione progressiva delle precipitazioni nell’ultimo trentennio ha fatto registrare un decremento significativo della portata media del fiume in chiusura di bacino (sezione del Po a Pontelagoscuro), pari al 20% su base annua e al 45% nella stagione estiva. Nel bacino del fiume Po queste modifiche sono amplificate ed immediatamente riscontrabili nel delicato sistema deltizio, che può pertanto essere considerato un indicatore di sintesi dello stato dell’intero bacino (hot spot climatico).
Ogni anno, mediamente, vengono prelevati per i diversi usi circa 25 miliardi di metri cubi d’acqua, di cui quasi l’80% è destinato agli usi irrigui mentre la restante parte è destinata a soddisfare gli usi industriali e civili. Gran parte dei volumi d’acqua prelevati provengono da fonti superficiali, ma un contributo importante è fornito dagli acquiferi sotterranei, soprattutto per soddisfare gli usi civili ed industriali. A partire dal 2000 ci sono stati ben sette anni in cui il bilancio idroclimatico (differenza tra precipitazioni ed evapotraspirazione) del Distretto è risultato fortemente negativo. Nello stesso periodo soprattutto a causa delle elevate temperature medie è aumentata la richiesta d’acqua in alcuni settori, in particolare in quello agricolo. Maggior domanda e minor disponibilità stanno rendendo sempre più difficile la gestione della risorsa idrica a scala distrettuale.
LIFE CLIMAX PO – CLIMate Adaptation for the PO river basin district
La siccità e i suoi impatti non sono solo il risultato del riscaldamento globale, ma sono anche influenzati da fattori come l’impermeabilizzazione dei suoli, la cattiva gestione dei fiumi e delle aree naturali, l’inefficienza delle attività produttive rispetto allo sfruttamento delle risorse naturali.
Per affrontare il cambiamento climatico e le correlate sfide ambientali – in linea con la Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (SNACC) che riconosce il Distretto del Bacino del fiume Po come uno speciale caso nazionale che ben si addice a costituire un’area pilota per l’adattamento climatico – è nato il progetto Life Climax Po, cofinanziato da programma LIFE dell’Unione Europea, per rendere smart la gestione delle risorse idriche del bacino del Po. Il progetto ha l’obiettivo di identificare, sviluppare e attuare attività e pratiche che promuovono l’adattamento ai cambiamenti climatici attraverso una gestione “climaticamente intelligente” delle risorse idriche a scala di distretto idrografico. Il progetto, della durata di 9 anni (2023-2032) riprende gli aspetti principali riportati nella SNACC e ne favorisce l’implementazione.
Il partenariato di progetto, che vede come leader partner l’Autorità di Bacino Distrettuale del Fiume Po (AdBPo), copre l’intero territorio del distretto e coinvolge tutti i livelli di Governance (nazionale, regionale, locale) oltre che tre grandi istituti di Ricerca: l’Agenzia Interregionale per il fiume Po (AIPO), l’Agenzia Regionale per la Prevenzione, Ambiente ed Energia (ARPAE) dell’Emilia-Romagna, l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale (ARPA) del Piemonte, l’Università di Bologna, l’Associazione Nazionale delle Bonifiche, delle Irrigazioni e dei Miglioramenti Fondiari (ANBI), la Fondazione Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), la Città Metropolitana di Bologna, l’Ente Regionale per i Servizi all’Agricoltura e alle Foreste (ERSAF), Legambiente nazionale e i suoi comitati regionali di Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, il Politecnico di Torino, la Società Metropolitana Acque Torino (SMAT), le Regioni Emilia-Romagna, Piemonte e Lombardia, Sogesca Srl, l’Arpa Lombardia e le sezioni regionali dell’ANBI per Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto.
Il Progetto, dunque, mira a migliorare la governance distrettuale per la gestione della risorsa idrica e garantire: la sicurezza politica, il finanziamento e il coordinamento tecnico; la produzione di conoscenza climatica condivisa attraverso l’implementazione di strumenti e metodologie specifici; la costruzione di capacità e consapevolezza, aumentando la partecipazione delle parti interessate; il miglioramento della sicurezza idrica e della resilienza climatica attraverso selezionate azioni pilota, replicabili sia all’interno del bacino idrografico che al di fuori; la mobilitazione di finanziamenti complementari che sosterranno l’attuazione dell’estensione delle misure incentrate sulla rinaturazione, mitigazione e prevenzione del rischio di alluvione, integrazione della pianificazione; gli strumenti e l’attivazione del coinvolgimento pubblico.