“Ci sono voluti tre anni per ottenere tutte le autorizzazioni, ma entro lunedì prossimo inizieremo i lavori per l’allestimento del cantiere di Piombino (Pim Piombino industrie marittime, società fra San Giorgio del Porto e Gruppo Neri, ndr) nato proprio per le attività di demolizione navale ecocompatibile, lo ship recycling”. Ferdinando Garrè, amministratore delegato del cantiere genovese San Giorgio del porto, che ha effettuato la demolizione della Costa Concordia ed è l’unico cantiere italiano iscritto nell’albo dei demolitori italiani, annuncia la partenza a margine del convegno sullo Ship recycling a bordo della nave Bergamini della Marina militare, primo evento della Genoa shipping week. “Entro due o tre mesi, ragionevolmente ai primi di settembre, dovremmo essere pronti a iniziare l’attività” spiega Garrè. Il primo lavoro? “Abbiamo ancora 12 cassoni della Concordia pronti per essere demoliti e abbiamo altre attività non solo di demolizione ma costruzioni di scafi ad esempio. Stiamo iniziando”. I cassoni che tenevano a galla il relitto erano trenta, 15 per lato, ne sono rimasti appunto 12. “Per alcuni stiamo cercando altre locazioni. Una delle possibilità è l’ampliamento di Porto Lotti a La Spezia. Ce ne hanno chiesti quattro, bisogna capire se otterranno tutte le autorizzazioni. Se c’è una possibilità di riutilizzarli ben venga” aggiunge Valerio Mulas, amministratore delegato della Pim.
“È singolare che i cantieri della Turchia siano stati inseriti nell’albo europeo dei cantieri di demolizione navale. Sono riusciti a iscriversi prima di noi”. Ferdinando Garré, amministratore delegato del cantiere San Giorgio del Porto, che ha realizzato la demolizione e il “riciclo” di Costa Concordia, lo sottolinea a margine del convegno su “Ship recycling”. “Costa Concordia è stata il primo esempio di ship recycling seguendo le normative europee con il massimo di quella che poteva essere la tecnologia per evitare problemi ambientali e di sicurezza – spiega -. Purtroppo al momento il mercato italiano è abbastanza fermo perché i costi per questa attività sono molto diversi da quelli di altri paesi vicini, come la Turchia, per tanti motivi: dal costo del lavoro all’attenzione più profonda in Italia per gli aspetti ambientali. Noi comunque andiamo avanti, anche se è un percorso difficile finché sarà legato ai costi. Molto dipenderà invece dalle policy aziendali degli armatori di demolire rispettando l’ambiente”. Oggi gli iscritti al registro dei demolitori europei sono una ventina, ma il 95% dei siti di demolizione si trova in paesi extraeuropei, dall’India alla Cina.