La produzione della ricerca scientifica italiana sul tema delle energie rinnovabili, dell’ambiente e della sostenibilità è al 9° posto su 228 Paesi analizzati, perdendo una posizione rispetto l’anno scorso.
La Cina è la nazione dove si fa più ricerca scientifica in questi campi. Seguono Stati Uniti e Regno Unito.
Si rinnova l’appuntamento con l’IGP – Index Green Paper, Rapporto sulla produzione scientifica in tema di energie rinnovabili, ambiente e sostenibilità, elaborato dall’Osservatorio nazionale di ISES Italia e da quest’anno in collaborazione con Atypico – “Unconventional Solutions for Environment and Security” e Gruppo Mashfrog – “Digital Strategy & Marketing Online Solutions”. Lo studio, giunto alla terza edizione, è stato presentato ieri a Rimini, in occasione della fiera KeyEnergy, e mette in luce l’impegno dei ricercatori italiani confrontandolo con quanto avviene nel resto del mondo, in modo da capire se l’Italia stia effettivamente percorrendo un percorso virtuoso verso la green economy. Su 228 Paesi presi in considerazione, la produzione della ricerca scientifica italiana risulta 9°, scendendo così di una posizione rispetto allo scorso anno. L’Italia ha leggermente peggiorato il suo punteggio complessivo (29,4 nel 2016 contro 31,4 del 2015) ma si posiziona prima di nazioni come Canada, Olanda e Francia. Guida la classifica la Cina, che scavalca gli USA (l’anno scorso primi), e l’UK (l’anno scorso già terzi). In questa edizione tutti gli Stati hanno totalizzato punteggi inferiori. I dati del rapporto 2017 fanno riferimento all’anno 2016.
Umberto Di Matteo, Presidente di ISES Italia: «Che fine ha fatto la ricerca scientifica nel campo delle energie rinnovabili? Purtroppo, almeno per l’Italia, sembra stia finendo nel dimenticatoio. I risultati del nostro report 2017 ci dicono che il Paese ha perso una posizione rispetto alle rilevazioni dello scorso anno, rimanendo comunque tra i primi dieci classificati su 228 nazioni prese in considerazione. Il bicchiere in questo caso è mezzo vuoto e segna anche un pericoloso campanello d’allarme: a due anni dall’Accordo di Parigi della COP 21, a poco più di un decennio di distanza dagli obiettivi ONU per l’Agenda 2030 (in termini climatici è come dire domani) e in un periodo in cui i fondi per la ricerca pubblica e privata sono ingenti (basti pensare al programma europeo Horizon), l’Italia non punta sulla ricerca scientifica che è l’unico fattore abilitante per raggiungere l’obiettivo del 100% rinnovabili nel più breve tempo possibile».
Federico Zuin, CEO sia di Atypico – “Unconventional Solutions for Environment and Security”, sia di Gruppo Mashfrog – “Digital Strategy & Marketing Online Solutions: «Le aziende che hanno esigenza di fare ricerca industriale per migliorare i propri prodotti, servizi e sistemi operano perché costrette e non perché incentivate/spinte dalla leva pubblica. È anche vero, però, che negli ultimi anni qualcosa il Governo ha fatto (es. credito d’imposta). Nel nostro caso, ad esempio, nell’ambito della strategia di posizionamento dell’offerta ambito “Environment”, attraverso la sinergia industriale dei due Gruppi di cui sopra che dirigo, abbiamo sviluppato un’offerta avente come destinazione (“atomo”) l’edificio indipendentemente dal suo uso (direzionale, commerciale, industriale ed abitativo) che traguarda la digitalizzazione spinta introdotta ed applicata in diversi ambiti, dalla sicurezza perimetrale, al safety all’efficientemento energetico, incluso ogni servizio mobile usufruibile dalla persona via device (es. prenotazione parcheggi, servizi di geolocalizzazione di spazi/oggetti, realtà aumentata, a telemetrie di vario genere). Ciò si è reso possibile attraverso la sinergia industriale tra Atypico, specializzata nell’ingegneria di soluzioni “non convenzionali” legate all’ambiente, e Mashfrog, unico vero omnichannel integrator italiano, la cui offerta è proprio basata sulla centralità del cliente (dal design di soluzioni digitali ad hoc allo sviluppo ed execution delle stesse)».
Scarica i dati dell’Osservatorio.