Approvato dal Parlamento Europeo l’accordo con il Consiglio sugli emendamenti da apportare alla nuova direttiva sui rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee), parzialmente invalidata da una sentenza della Corte di Giustizia dell’Ue. Sono a carico del produttore i costi di gestione dei rifiuti di prodotti immessi sul mercato dopo il 13 agosto 2012. Fonte: EU News
Un semaforo verde fondamentale per chiudere un’incertezza che ha caratterizzato gli ultimi anni sul fronte delle norme per il riciclo dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee), in particolare dei pannelli solari. Il Parlamento Europeo ha dato il via libera a larghissima maggioranza – 628 voti a favore, 3 contrari, 6 astenuti – all’accordo provvisorio raggiunto a fine novembre dello scorso anno con il Consiglio dell’Ue sugli emendamenti alla nuova direttiva Raee del 2012, per rispondere al parziale invalidamento sancito da una sentenza della Corte di Giustizia dell’Ue del 2022.
Tutto era iniziato nel 2012 con l’entrata in vigore della revisione della direttiva del 2005, che ha fatto rientrare i pannelli fotovoltaici nell’ambito di applicazione delle norme comunitarie sullo smaltimento dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Ma dieci anni più tardi la Corte di Giustizia dell’Ue ha dichiarato parzialmente invalide alcune parti della direttiva a causa di effetti retroattivi non giustificati. Più nello specifico il finanziamento dei costi di raccolta, trattamento, recupero e smaltimento dei rifiuti si applicava retroattivamente ai pannelli solari immessi sul mercato dal 13 agosto 2005, ma i produttori “non erano in grado di prevedere” – al momento della progettazione – che successivamente sarebbero stati tenuti a garantire il finanziamento dei costi relativi alla gestione dei rifiuti originati dai pannelli stessi.
È per questa ragione che il 7 febbraio dello scorso anno la Commissione Ue ha adottato una proposta di modifica mirata della direttiva Raee su queste specifiche, per non compromettere la legislazione che cerca di mettere un freno a uno dei flussi di rifiuti in più rapida crescita sul territorio comunitario, con un impatto non indifferente sull’ambiente. Computer, frigoriferi, smartphone, elettrodomestici e pannelli solari contengono una complessa miscela di materiali, alcuni dei quali possono causare gravi problemi ambientali e di salute nel caso in cui i dispositivi dismessi non vengano gestiti correttamente. A questo si aggiunge poi anche l’interesse strategico per l’Unione sul fronte delle materie critiche, dal momento in cui l’elettronica moderna è composta di risorse rare che possono essere recuperate attraverso il riciclo dei rifiuti.
Il via libera arrivato oggi dall’Eurocamera mette il punto definitivo all’intesa raggiunta il 21 novembre 2023 con la presidenza di turno spagnola del Consiglio dell’Ue, che ha approvato il contenuto della proposta iniziale della Commissione e ha chiarito ulteriormente i collegamenti con le disposizioni della direttiva quadro sui rifiuti. Le modifiche prevedono ora che sono a carico del produttore i costi della gestione e dello smaltimento di rifiuti provenienti dai pannelli fotovoltaici immessi sul mercato dopo il 13 agosto 2012 e che la responsabilità estesa del produttore per i prodotti che sono stati aggiunti al campo di applicazione della direttiva nel 2018 dovrebbe applicarsi alle apparecchiature elettroniche immesse sul mercato dopo tale data.
L’accordo ha poi introdotto una clausola secondo cui la Commissione dovrà valutare entro il 2026 la necessità di una revisione della direttiva e, in quel caso, sarà necessaria una nuova proposta legislativa accompagnata da una valutazione dell’impatto socio-economico e ambientale. L’esecutivo comunitario sarà anche responsabile del fatto che i costi di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche non siano scaricati “in modo sproporzionato” su consumatori e cittadini, dopo l’estensione del periodo di recepimento della nuova direttiva da 12 a 18 mesi.