Il Circular Economy Network lancia l’allarme: “l’Italia rischia di perdere competitività”. Attuando le direttive si guadagnerebbero 149 mila posti di lavoro
Cinque mesi di stop. Decisamente troppi per una legge che serve a rendere più competitiva l’Italia in un settore strategico come quello dell’economia circolare. Il recepimento delle nuove direttive europee è fermo in Commissione al Senato dal novembre dello scorso anno. Un rallentamento che rischia di penalizzare il nostro Paese nella corsa verso un modello economico più efficiente nell’uso delle risorse e verso una gestione dei rifiuti sempre più incentrata sul riciclo e sempre meno sulla discarica.
A lanciare l’allarme è il Circular Economy Network, promosso dalla Fondazione per lo Sviluppo sostenibile e da 12 imprese e organizzazioni rappresentative di tutti i settori dell’economia italiana, che proprio poche settimane fa ha presentato il primo Rapporto sull’economia circolare in Italia. Uno studio che ha evidenziato come l’Italia sia tra i Paesi leader in Europa, ma come al tempo stesso una serie di ostacoli, a cominciare da quelli di carattere normativo e burocratico, possano compromettere queste potenzialità.
Da uno studio condotto dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, in collaborazione con gli economisti di Cles srl, risulta che l’approvazione rapida di un pacchetto di misure per il rilancio dell’economia circolare assicurerebbe sostanziosi vantaggi. Le misure proposte vanno dall’anticipo al 2025 (invece che al 2030) dell’obiettivo europeo di portare la raccolta differenziata di rifiuti urbani al 70% e il riciclo al 60% alla moltiplicazione degli impianti per il trattamento della frazione organica dei rifiuti, dalla rapida approvazione dell’End of Waste (gli strumenti tecnico normativi per definire come i materiali debbano essere trattati per diventare di nuovo materia prima) all’incremento del settore delle riparazioni e del leasing. Attuando questo progetto e investendo 11 miliardi di euro tra il 2020 e il 2025, si otterrebbero un valore della produzione pari a 104,5 miliardi di euro e 149.100 posti di lavoro nel 2025.
Recepire presto e bene le nuove direttive europee è una delle condizioni per accelerare la transizione verso l’economia circolare e agevolare il percorso virtuoso. Non sta andando così. Ricostruiamo le tappe. Il disegno di legge delega è stato varato dal Consiglio dei Ministri il 6 settembre 2018. Il 13 novembre la Camera lo ha approvato e trasmesso al Senato. Ma da allora, e sono passati ormai cinque mesi, il provvedimento è fermo in Commissione Politiche dell’Unione Europea, senza che ad oggi sia neppure iniziata la votazione degli emendamenti.
Di questo passo si fa sempre più consistente il rischio che l’Italia non rispetti la scadenza del 5 luglio 2020, entro la quale ogni Stato membro deve recepire le nuove direttive. Il percorso è infatti ancora molto lungo. Il primo passo è che il Senato approvi la legge delega, e nel caso apporti delle modifiche il provvedimento dovrà tornare alla Camera. Poi, dopo l’approvazione da parte del Parlamento, il Governo dovrà scrivere i decreti legislativi. Una volta predisposti, i decreti dovranno essere prima sottoposti al parere della Conferenza unificata e poi delle Commissioni parlamentari. Solo alla fine di questo percorso, il Governo emanerà le nuove normative.
Il rischio non è solo che l’Italia possa incorrere in procedure di infrazione se non rispetta le scadenze previste, ma che l’assenza di un quadro normativo chiaro e certo metta in difficoltà imprese, operatori e cittadini impegnati in una sfida di grande valore strategico sia dal punto di vista ambientale che economico. Peraltro, il ritardo finora accumulato riduce il tempo a disposizione per consentire un confronto positivo con le categorie economiche, sociali e ambientaliste necessario per un recepimento condiviso delle direttive sull’economia circolare. Passaggio fondamentale per consentire al nostro Paese di indirizzarsi decisamente verso la circolarità. Per questo – sottolinea il Circular Economy Network – è necessario che Senato e Governo facciano la propria parte per sbloccare al più presto la situazione e accelerare l’approvazione della legge delega.