Dal 30 novembre al 12 dicembre 2023 si terrà all’Expo City di Dubai la 28esima sessione della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.
Con le temperature globali che hanno raggiunto livelli record e gli eventi meteorologici estremi che colpiscono le persone in tutto il mondo, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici di quest’anno, la COP28 rappresenta un’opportunità fondamentale per correggere la rotta e accelerare l’azione per affrontare la crisi climatica. La Conferenza, che si svolge ogni anno dal 1995, è il più alto organo decisionale mondiale sulle questioni climatiche.
Un vertice ONU sul clima tanto atteso: a un anno dalla COP27 di Sharm-El-Sheikh, quest’anno l’appuntamento è a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti. Si tratta di un ritorno in Medio Oriente dopo la COP18 del 2012 in Qatar, una scelta che sta facendo molto discutere e che sta generando moltissime perplessità dal momento che il Paese ospitante di quest’ultima edizione è uno dei 10 maggiori esportatori di petrolio e gas naturale al mondo.
Al summit parteciperanno più di 200 Nazioni, in totale 70.000 persone, insieme a ONG ambientaliste, think tank e imprese, impegnate a riorganizzare l’agenda globale sul clima, anche rispetto agli impegni presi durante l’Accordo di Parigi del 2015, mentre stringe il tempo per mantenere il riscaldamento globale al di sotto della fatidica soglia di +1,5 °C rispetto ai livelli pre-industriali.
L’importanza della COP
In uno scenario in cui gli scienziati hanno già dichiarato il 2023 come l’anno più caldo mai registrato, vi sono diverse ragioni per cui la COP28, rispetto alle precedenti, sarà di particolare importanza.
Tra queste, come riporta Geopop.it, vale la pena ricordare che durante la Conferenza si chiuderà il bilancio globale dei progressi fatti verso gli obiettivi di Parigi, il cosiddetto “Global Stocktake” (GST). Istituito dall’Accordo di Parigi, il GST è il primo resoconto dell’impatto delle azioni per il clima adottate dai Paesi membri dell’UNFCC, che include anche una verifica della loro validità per raggiungere gli obiettivi. Qualora vengano riscontrate delle lacune, come sembra probabile, verranno definite le strategie da mettere in pratica per garantire maggiori risultati.
Un’altra ragione per cui la COP28 è particolarmente rilevante riguarda il fondo di 100 miliardi di dollari che le Nazioni più ricche dovrebbero garantire ai Paesi più poveri e in via di sviluppo annualmente, e che dovrebbe essere messo finalmente sul tavolo dopo 14 anni dalle promesse fatte, ma non ancora mantenute.
Le voci contrarie
Meteored Italia segala la presenza di un gruppo di 180 attivisti climatici ha lanciato il sito Boycott COP28 e l’hashtag #BoycottCOP28UAE. In una lettera al quotidiano francese le Monde, hanno affermato che “Tenere una conferenza sul clima a Dubai è assurdo e pericoloso”. Nel loro appello, chiedono a associazioni ambientaliste, alle autorità pubbliche, a tutte le ONG e anche agli scienziati di non sostenere e di condannare la scelta di svolgere la COP 28 negli UAE. Questo paese infatti prospera grazie ai combustibili fossili e a loro dire le azioni che dice di svolgere nell’investimento sulle rinnovabili sarebbe solo greenwashing. Il paese anzi intende aumentare del 25% la produzione di petrolio entro il 2027.
La tensione riscoppiata in Medio Oriente nell’ultimo mese, ma a dire il vero perennemente latente, dovrebbe ricordare a tutti i grandi consumatori – e soprattutto importatori – di idrocarburi quanto sia prioritario accelerare sulla transizione energetica. Se non per contribuire al contrasto al cambiamento climatico, per garantire la propria sicurezza energetica e autonomia strategica. I Paesi del Golfo, Arabia Saudita in testa, progettano infatti di aumentare la propria capacità di estrazione e raffinazione di greggio nel prossimo decennio, di circa un decimo. Proprio mentre gli altri blocchi, Europa in testa ma anche Stati Uniti e Cina, promettono di rallentare e poi ridurre i propri investimenti nel settore. L’obiettivo è sfruttare pienamente le proprie riserve di petrolio – più della metà delle risorse globali – fin quando il greggio avrà mercato e non sarà gradualmente sostituito. Lo stesso sta facendo il Qatar con il gas naturale, incrementando la capacità di liquefazione ed esportazione di oltre il 60% entro il 2027. La strategia appare chiara: fare cash-in sugli idrocarburi, finché durerà, e finanziare così nel frattempo la propria via alla transizione energetica ed economica, che nelle intenzioni li renderà autonomi dagli incassi dei combustibili fossili. In questa logica rientrano gli enormi investimenti in tecnologia, servizi, turismo e da ultimo nel calcio. (ispionline.it)