A Fiorenzuola d’Arda, in Emilia Romagna, nel Genomic Reserch Center del Crea si guarda al futuro e si studiano gli effetti dei cambiamenti climatici sul grano per evitare di essere costretti, un domani, a mangiare solo pasta scotta. Nel piccolo appezzamento a due passi dal Po, l’aria che circola non è quella del 2018, ma quella del 2050, almeno per quel che riguarda la CO2, che è di 570-600 parti per milione, esattamente la quantità di anidride carbonica attesa per la metà XXI secolo. I primi risultati sono chiari: con dosi extra di anidride carbonica, la produzione aumenta, ma la qualità diminuisce.
Il grano duro ad alta CO2, infatti, non solo contiene meno proteine, elemento cruciale nella produzione della pasta e parametro più importante per la sua tenuta in cottura, ma anche meno ferro e zinco. Per evitare un futuro segnato dalla pasta scotta per i ricercatori la strada maestra è il miglioramento genetico. Ogni anno nel mondo si producono 37 milioni di tonnellate di grano duro, il 75% dei quali viene trasformato in pasta.
Ecco perché lo studio condotto a Fiorenzuola serve per capire come potrebbe essere la pasta del futuro. “Qui – ha spiegato ad AgriUe Luigi Cattivelli, il direttore del Genomic Research Centre – studiamo gli effetti del mutare delle condizioni esterne sulle piante e vediamo come agire, con il miglioramento genetico, per adattarle a queste nuove condizioni”.