Troppo costoso adeguare alle norme antisismiche post Irpinia una centrale che, di lì a pochi anni, avrebbe comunque terminato il proprio ciclo produttivo. Oggi quella sfera bianca che domina la piana del Garigliano progettata da Riccardo Morandi nel 1959 è un unicum nel suo genere, tanto da essere stata addirittura inserita nel patrimonio architettonico dal Mibact (unico elemento in Italia che non sarà abbattuto dopo la bonifica assieme all’edificio Turbine).
Dopo una prima esperienza positiva nel 2015, la Sogin – società che cura la bonifica e la dismissione delle quattro centrali italiane (quella casertana dovrebbe terminare entro il 2026), riapre le porte dei siti nucleari per dare informazioni a far conoscere «nella massima trasparenza» – assicura il responsabile dei siti Sogin Centro-Sud, Severino Alfieri -cosa avviene concretamente all’interno delle aree, ormai non più produttive da decenni dopo il referendum abrogativo sull’energia nucleare del 1987. I giorni dell’Open Gate sono i prossimi 6 e 7 maggio ma c’è tempo fino al 20 aprile per prenotare (sul sito sogin.it) la visita gratuita alla centrale nucleare del Garigliano, che si trova vicino a Sessa Aurunca, al confine tra Campania e Lazio.
Complessivamente «ammonta a circa 100 milioni, pari al 30% del totale previsto, la somma già stanziata per gli interventi di smantellamento e bonifica (decommissioning) all’interno della centrale casertana – spiega ancora Alfieri – che sono arrivati al 50% dello stato di avanzamento dei lavori». Resta però la parte più importante che è rappresentata dallo svuotamento del reattore e del suo cuore, il vessel, che genera il 99% della radioattività presente nel sito.
Dopo aver realizzato un deposito ex novo nell’area (D1), aver effettuato gli adeguamenti strutturali nell’altro deposito in funzione (Ex-diesel) e bonificato due delle tre «trincee» presenti nella centrale; resta ancora l’ultima delle quattro fasi dello smantellamento del camino da 90 metri che svetta sulla sfera-reattore. Le prime tre sono già terminate, compresa la decontaminazione delle pareti interne – tecnicamente si chiama scarifica – effettuata con l’utilizzo di un robot di tecnologia italiana. Al suo posto sarà realizzato un nuovo camino alto un terzo che servirà a completare le ultime attività di decommissioning.
Il prossimo obiettivo è il reattore per cui è stato approntato un progetto che pende il nome di «Vega-vessel». «È certamente la sfida più impegnativa – spiega il direttore dell’impianto del Garigliano, Fabrizio Scolamacchia – che prevede tre fasi che contiamo di avviare entro il 2019».