La crescita economica dei Paesi dell’Est e del Sud-est asiatico galoppa, ma insieme al benessere e ai consumi a crescere sono anche i rifiuti, in particolare quelli elettronici che in 5 anni sono schizzati di almeno due terzi per un totale di oltre 12 milioni di tonnellate nel 2015. Il quadro emerge da un rapporto pubblicato oggi dall’Università delle Nazioni Unite, il braccio accademico e per la ricerca dell’Onu che ha sede a Tokyo.
Nel 2015 i 12 Paesi asiatici oggetto dello studio (Cambogia, Cina, Hong Kong, Indonesia, Giappone, Malesia, Filippine, Singapore, Corea del Sud, Taiwan, Thailandia e Vietnam) hanno prodotto una quantità di rifiuti elettronici pari a quasi due volte e mezzo la piramide di Cheope, registrando in media un aumento del 63% tra il 2010 e il 2015. Non tutti ovviamente contribuiscono allo stesso modo. La Cina nello stesso lasso di tempo ha raddoppiato la produzione di spazzatura elettronica, arrivando a 6,7 milioni di tonnellate. Anche i dati pro-capite sono significativi. Nel 2015 il valore medio ammonta a 10 chili, con maglia nera a Hong Kong per i suoi 21,7 chili, seguita da Singapore (quasi 20 chili) e Taiwan (poco più di 19 chili). Paesi meno avanzati come Cambogia, Vietnam e Filippine hanno valori molto più bassi che non arrivano al chilo e mezzo.
I trend responsabili di questo aumento per i ricercatori sono soprattutto quattro: la maggiore disponibilità di nuovi dispositivi, soprattutto di quelli dell’elettronica di consumo come tablet, smartphone e smartwatch; l’aumento dei consumatori; i cicli di vita di utilizzo dei prodotti sempre più brevi e le importazioni di apparecchiature elettriche ed elettroniche anche di seconda mano. Il boom asiatico di “e-waste” è preoccupante perché secondo le stime Onu questa crescita supera perfino quella della stessa popolazione. Un aumento, sottolineano i ricercatori, che impone un urgente giro di vite contro attività di riciclaggio improprio – in primis discariche illegali e roghi – che mettono a rischio la salute delle persone e l’ambiente.
Tutta l’Asia, riferisce il rapporto, ha generato nel 2014 16 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, ma la media per abitante è di appena 3,7 chili. Molto meno di Europa e Americhe che generano almeno quattro volte tanto: rispettivamente 15,6 e 12,2 chili per abitante. Quello della gestione dei rifiuti elettronici è un problema a cui i mercati più sviluppati non sono sottratti. In Europa, secondo il WEEE Forum, i rifiuti elettrici ed elettronici (Raee) ufficialmente rendiconti ammontano a 3 milioni e mezzo di tonnellate nel 2015, mentre si stima che altri 6 milioni e mezzo vengano gestiti dal mercato “parallelo”, che non rendiconta nulla e che – spesso – utilizza processi non idonei dal punto di vista ambientale.
In Italia lo scorso anno il consorzio Ecodom – che fa parte del WEEE Forum – ha trattato 95 mila tonnellate di Raee, pari – afferma il consorzio – a circa un terzo di quelli gestiti da tutti i sistemi collettivi italiani. Per il 2016 il consorzio ReMedia stima una gestione di 56 mila tonnellate di rifiuti.