Nel cronoprogramma dell’auspicata ripartenza di Piombino, peraltro già dilatato rispetto alle previsioni iniziali, c’è un aspetto che in molti evocano, ma che in pochi hanno valutato fino in fondo per l’impatto che avrà su un castello peraltro già traballante: le bonifiche. Deve essere chiaro: senza bonificare l’area non si va da nessuna parte. Nessun insediamento sarà possibile negli 800 ettari più inquinati di tutta la Toscana.
E i tempi sono assai più lunghi di quanto molti immaginano. Nei giorni scorsi, infatti, (il 9 novembre) al ministero dell’Ambiente è andata in scena la conferenza dei servizi istruttoria sul Sin (sito di interesse nazionale) Piombino. Fra i partecipanti, oltre a Comune, Ispra, Arpat, Autorità portuale, Asiu, Rimateria e alcuni privati (fra cui Enel e Dalmine) a vario titolo interessati all’area, c’era anche Invitalia, soggetto delegato a occuparsi degli appalti per le bonifiche. E il cronoprogramma ipotizzato dalla stessa Invitalia è assai lungo, visto che sono previsti 18 mesi per nuove indagini, poi il bando per lo studio di fattibilità e, a seguire, il bando per i lavori. In tutto qualche anno, come minimo.
Vale la pena, però, ripercorrere le tappe della vicenda, per capire meglio. Il termine bonifiche, a Piombino, viene utilizzato per indicare cose tra loro diverse: sottosuolo, soprasuolo (cumuli di veleni stoccati in modo incontrollato), demolizioni. In relazione all’intera area ex Lucchini, solo in parte passata ad Aferpi, visto che le due zone con i cumuli sono rimaste fuori, sono stati stanziati dal 2014 cinquanta milioni di euro per intervenire sulla parte pubblica. Al tempo stesso sono stati individuati l’ente responsabile (la Regione Toscana) e il soggetto appaltante (Invitalia).
Per poter procedere, anche solo dal punto di vista progettuale, occorre che i 50 milioni stanziati passino nella disponibilità della Regione. Tra poco saranno tre anni dallo stanziamento e questi soldi non sono ancora passati a Firenze. Saranno, più o meno, fra Chiusi e Arezzo… È evidente che, a parte le tante dichiarazioni, le cose stanno esattamente come stavano nell’aprile 2014.
Il problema delle bonifiche non è un problema fra i molti altri che minano il “progetto Piombino”: è la madre di tutti i problemi. Senza dar luogo alle bonifiche qualsiasi scenario si abbia in testa, sia quindi che Aferpi riesca a presentare un piano credibile, sia che non ci riesca, quelle aree non saranno utilizzabili per nessuna iniziativa di sviluppo. E questo vale sia che si parli del soggetto incolpevole, Aferpi appunto, che dell’Autorità portuale, che di Piombino Logistic, che della parte rimasta al pubblico, che di altro che, nel caso peggiore, dovesse sostituire questi soggetti.
Ad oggi la situazione, descritta proprio da Invitalia nella conferenza dei servizi del 9 novembre scorso, è questa:
- i 50 milioni non sono ancora passati alla Regione;
- senza quelli Invitalia non si può muovere;
- quando i 50 milioni saranno passati alla Regione, Invitalia farà un bando per appaltare non meglio specificate ulteriori indagini per le quali, dal momento dell’assegnazione, Invitalia calcola 18 mesi;
- dopo l’effettuazione di queste ulteriori indagini, sempre Invitalia emanerà un bando per affidare uno studio di fattibilità dei cui tempi non è dato sapere.
Difficile capire cosa ci sia ancora da indagare su un’area che è stata scandagliata più volte e da più enti, certo è che solo dopo questa lunga trafila si comincerà a parlare di fare un altro bando per scegliere le ditte per iniziare a bonificare. In tutto questo non va sottovalutato il rapporto fra bonifiche Invitalia e bonifiche Aferpi. Invitalia si è raccordata da subito con Aferpi, ma se la società di Cevital non dovesse procedere nei suoi progetti, Invitalia dovrebbe rivedere anche il suo approccio. Appare evidente che c’è qualcosa che non torna se si rapportano i tempi dell’effettuazione delle bonifiche e i tempi dei progetti di sviluppo, quali che siano.
Nessuno si aspetti che Invitalia riesca a Piombino a fare le cose più in fretta di come le ha fatte in altre parti d’Italia. Il punto è: Piombino si può permettere questa ennesima replica di Invitalia? Oppure Piombino si riprende il tema e se lo svolge da solo e nei tempi necessari? In questa seconda ipotesi potrebbe farlo con una figura esclusivamente dedicata a questo (un commissario?) e in raccordo con la Regione.
Vedremo se Governo, Regione o Comune avranno la volontà di procedere autonomamente da Invitalia. Ma una cosa è sicura: al momento nessun progetto di sviluppo potrà mettere le gambe su quell’area.