Le aree del mondo caratterizzate da instabilità politica sono quelle in cui si verifica una maggiore perdita di specie animali. Lo afferma uno studio internazionale capitanato dall’università di Cambridge, secondo cui i governi deboli incidono sulla perdita di biodiversità più di altri fattori, dal cambiamento climatico alla crescita economica o demografica. I ricercatori hanno preso in esame i dati di 461 specie di uccelli acquatici raccolti in 26mila siti nel mondo nell’arco di tre decenni, per tracciare le variazioni nelle specie in nazioni e regioni. Hanno quindi incrociato i risultati con i Worldwide Governance Indicators, che misurano diversi fattori degli Stati, dai tassi di violenza al Pil, passando per la corruzione politica.
In base all’indagine, pubblicata sulla rivista Nature, il declino degli uccelli acquatici è più marcato nelle aree del mondo in cui i governi sono meno efficaci, come in Asia occidentale e centrale, America del Sud e Africa subsahariana.
“Governance inefficaci sono spesso associate alla mancanza di tutele e investimenti ambientali, portando alla perdita di habitat”, spiegano gli studiosi, secondo cui in queste aree si sconta l’impatto di una cattiva gestione delle acque, della costruzione di dighe e della caccia illegale. Istituire aree protette, aggiungono, in queste condizioni non crea benefici in termini di biodiversità.