Il colpo di grazia sulla bonifica (fantasma) dei terreni di Bagnoli: è tutto da rifare. Invitalia, la società di proprietà del ministero dell’Economia che su incarico affidato dall’allora governo Renzi è il soggetto attuatore del programma di bonifica e rilancio dell’ex area industriale, ha pubblicato gli esiti delle attività di caratterizzazione effettuate nei mesi scorsi e validate da parte degli enti di controllo, come Ispra, Arpac e Arpav. Il risultato non dà scampo: la bonifica di Bagnoli-Coroglio dovrà riguardare tutta l’area a terra, anche la zona che è stata già oggetto dei precedenti interventi. La conferma di quanto sostenuto mesi fa nella perizia di oltre duecento pagine disposta dal Tribunale di Napoli, secondo cui gli interventi di bonifica a Bagnoli “così come realizzati, si ritiene abbiano compromesso la futura fruibilità dei luoghi”, perlomeno di quelli a destinazione d’uso residenziale “arrivando talora ad incrementare le concentrazioni inquinanti esistenti prima della bonifica”. Come se 25 anni di polemiche, inchieste e 400 milioni di euro sprecati solo per le bonifiche non fossero mai trascorsi. Non nasconde l’amarezza il presidente della Commissione trasparenza del Comune di Napoli, Mimmo Palmieri. “Sono avvilito – ha commentato a ilfattoquotidiano.it – per quanto si apprende da Invitalia, ma mi auguro che la questione venga approfondita dalla Corte dei Conti”. Nel frattempo è stata confermata la pubblicazione, entro il prossimo 22 dicembre, della gara per l’affidamento del progetto di bonifica delle aree a terra, comprensivo dell’area di colmata e degli arenili.
A che punto siamo
Se la scorsa primavera l’ex premier Matteo Renzi scriveva su Facebook che l’Arenile Nord di Bagnoli era stato “restituito ai napoletani” e che la promessa di bonificare, ripulire e recuperare stava diventando realtà, di fatto è tutto fermo a quel pezzo di spiaggia di fronte all’isolotto di Nisida, dove però vige il divieto di balneazione. E resta la colmata, una collina di rifiuti industriali accumulati su 220 ettari sottratti al mare. La cabina di regia ha licenziato un progetto che ne prevede la rimozione insieme alla riconfigurazione della linea di costa. E c’è lo stanziamento previsto all’epoca da Renzi di 272 milioni di euro per il risanamento di Bagnoli: 162 milioni per i terreni, 48 per il litorale, 59 per il mare. Che non basteranno, ancora di più se bisogna rifare tutto di nuovo.
Dopo gli sprechi, servono altri soldi
Così, dopo aver avuto prova certa che gli interventi eseguiti finora non hanno prodotto i risultati sperati, bisognerà recuperare altre risorse. Lo spiega la stessa Invitalia: “Sono state avviate le attività di analisi di rischio specifiche del sito che, in considerazione del livello attuale delle sostanze inquinanti presenti e del futuro utilizzo dei suoli, consentiranno di definire le più idonee modalità per effettuare le previste bonifiche, nonché per aggiornare le stime del loro costo”. Proseguono, nel frattempo, i test sperimentali in campo di ‘biofitoremediation’, con utilizzo di piante, funghi e batteri idonei a degradare la contaminazione rilevata e nei giorni scorsi sono stati completati anche i prelievi per la caratterizzazione dei sedimenti marini della baia, sui quali verranno effettuate le analisi di caratterizzazione chimico-fisiche ed ecotossicologiche e definite le volumetrie dei sedimenti da dragare. Nella imminente conferenza di servizi, convocata dal Commissario di Governo Salvatore Nastasi per il prossimo 18 dicembre, Invitalia presenterà lo studio di fattibilità degli interventi di completamento di bonifica nell’area ex Eternit. Certo, la notizia che le bonifiche finora fatte non sono servite a nulla, non è certo di buon auspicio. Nonostante Domenico Arcuri, amministratore delegato di Invitalia, la scorsa estate, a pochi giorni dalla firma dell’accordo istituzionale tra Governo, Regione Campania e amministrazione comunale abbia confermato che il piano di riconversione dell’area di Bagnoli vale un miliardo di euro.
Le responsabilità da accertare
“Credo che anche la Corte dei Conti – ha detto a ilfattoquotidiano.it il presidente della Commissione trasparenza del Comune di Napoli, Mimmo Palmieri – debba immediatamente perseguire i responsabili dei ritardi e del mancato recupero delle aree e fare luce sul modo in cui sono stati spesi 400 milioni, dato che le bonifiche nel sottosuolo non sono servite a nulla e che sono state trovate le stesse sostanze certificate 25 anni fa”. Si tratta indubbiamente di un nuovo capitolo, che si aggiunge a quello su cui si sta cercando di far luce con il processo in corso davanti alla VI sezione del Tribunale di Napoli per la mancata bonifica di Bagnoli, in particolare delle aree un tempo occupate da Italsider ed Eternit. Le accuse sono di truffa, disastro ambientale, smaltimento illecito di rifiuti, falso ideologico e favoreggiamento. A ottobre scorso il pm Stefania Buda ha chiesto otto condanne in quanto la bonifica di Bagnolifutura, la società di trasformazione urbana partecipata da enti locali nata nel 2002, avrebbe persino peggiorato la situazione ambientale dell’area. Sono stati chiesti otto anni per Gianfranco Caligiuri, ex direttore tecnico di Bagnolifutura, quattro anni e mezzo per Mario Hubler, ex direttore generale della società, sei anni per Gianfranco Mascazzini, già consulente della Sogesid (società in house del ministero dell’Ambiente sostituita poi da Invitalia come soggetto attuatore dell’Accordo di programma per la bonifica e il rilancio di Bagnoli) ed ex direttore generale del ministero dell’Ambiente, cinque anni e mezzo per Sabatino Santangelo, ex presidente di Bagnolifutura ed ex vicesindaco di Napoli, 5 anni e 6 mesi per Maria Palumbo, direttore generale del centro campano tecnologia e ambiente, 5 anni per Maria Teresa Anna Celano, dirigente area ambiente della Provincia di Napoli, 5 anni e 8 mesi per Alfonso De Nardo, dirigente Arpac, e 5 anni per Giuseppe Pulli, coordinatore del dipartimento ambiente del Comune di Napoli. La sentenza è attesa prima della fine dell’anno.