Una riserva di mercurio racchiusa in profondità preoccupa gli scienziati. Nel permafrost dell’Artico negli anni sono state immagazzinate ingenti quantità del metallo e oggi, con i ritmi di scioglimento dei ghiacci a causa di gas serra e riscaldamento globale, presto queste sostanze tossiche potrebbero venire rilasciate nell’atmosfera e nell’acqua dando vita a una mina ecologica con possibili danni pesanti all’ecosistema, a partire dagli animali che popolano l’emisfero Nord, fino a colpire le persone attraverso la catena alimentare. E’ l’allarme lanciato da un gruppo di ricercatori che ha analizzato lo strato di permafrost dell’Artico e che, dopo aver raccolto dati attraverso i carotaggi ed esaminato lo stato dei ghiacci, ha pubblicato lo studio sul Geophysical Research Letters.
Gli scienziati della U.S. Geological Survey di Boulder (Colorado) hanno raccolto diversi campioni dei suoli perennemente congelati trovando scorte naturali di metallo sempre più imponenti mano a mano che si andava in profondità: nel permafrost settentrionale si trova due volte la quantità di mercurio presente in tutti gli altri terreni, negli oceani e nell’atmosfera messi assieme. E’ come se là sotto fosse immagazzinato un contenuto millenario di mercurio che rischia ora di tornare in circolazione.
Dalle rilevazioni fatte soprattutto in Alaska si stima che nei suoli congelati settentrionali ci sarebbero 793 gigagrammi (miliardi di grammi) di mercurio, ovvero quasi 57 milioni di litri pari a 10 volte la quantità di mercurio emessa dall’uomo negli ultimi 30 anni. In totale, nelle aree del mondo dove è presente il permafrost – come ad esempio in Canada o in Russia – sono 1.656 i gigagrammi stimati di mercurio stoccato. Enormi quantità che, se finissero nei flussi d’acqua, potrebbero dare origine al metilmercurio, composto altamente tossico in grado di causare problemi neurologici e difetti congeniti per esempio nei pesci.
Per fare un altro esempio, i ricercatori spiegano che nel permafrost si trova intrappolato l’equivalente di 50 piscine olimpioniche. Se in futuro il permafrost si scongelerà, una parte di questo mercurio verrà rilasciata nell’ambiente, con un impatto sconosciuto sulle persone, sulla fauna e sugli animali di cui ci cibiamo” ha detto Kevin Schaefer del National Data and Ice Data Center di Boulder, co-autore dello studio condotto dal collega Paul Schuster.
Lo studio afferma inoltre che con gli attuali livelli di emissioni previsti fino al 2100 il permafrost potrebbe ridursi fra il 30 e il 99%. Le conseguenze sarebbero devastanti: “Potrebbe finire nei fiumi dell’Oceano Artico o entrare nell’atmosfera. Ancora non lo sappiamo” dicono gli scienziati. Già ad oggi il mercurio presente in natura è altamente dannoso per gli esseri umani. Basti pensare che quello nell’atmosfera, quando piove, finisce nell’oceano o nei laghi entrando così nella catena alimentare: se si consumano pesci ricchi di mercurio sono già stati riscontrati gravi problemi di salute, soprattutto per le donne incinte. Nell’Artico, per esempio, sono già state rilevate tracce del metallo anche nei corpi di predatori come orsi polari o narvalo.
Per ora gli scienziati non si sbilanciano ulteriormente sui possibili danni: “Ci aspettiamo che ne venga rilasciata una certa quantità, ma non sappiamo esattamente quanto, quando e dove avverrà” ha spiegato Schaefer che indica come primo “antidoto” al rilascio la necessità di “ridurre immediatamente le emissioni di combustibili fossili”.