“Una società prospera, inclusiva, resiliente, sicura e sostenibile che non lasci indietro nessuno”: così i ministri dell’ambiente e dell’energia dei grandi Paesi della Terra, riuniti dalla Presidenza italiana del G20 a Napoli, hanno sottoscritto il documento finale della ministeriale Energia e Clima.
Accordi e disaccordi
L’accordo siglato è frutto di due giorni e due notti di intense trattative, che hanno portato a casa 58 punti pienamente condivisi sui 60 proposti. I due punti rimasti fuori sono l’impegno a mantenere il riscaldamento globale sotto 1,5 gradi al 2030 e la chiusura di tutte le centrali a carbone entro il 2025. Cina e India si sono opposti all’accelerata, pur riconoscendone il valore e la necessità: tempi troppo stretti per le economie dei due Paesi. I due punti scottanti sono rinviati al G20 dei capi di stato e di governo che si terrà il 30 e 31 ottobre a Roma.
“Era la prima volta che a un G20 clima ed energia venivano trattati assieme – ha commentato il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani – Abbiamo concordato sull’accelerazione del passaggio alle energie pulite in questa decade, sull’allineamento dei flussi finanziari agli impegni dell’Accordo di Parigi, sull’adattamento e la mitigazione degli effetti del cambiamento climatico, sugli strumenti di finanza verde, sulla condivisione delle migliori pratiche tecnologiche, sul ruolo di ricerca e sviluppo, sulle città intelligenti e resilienti. Sono stati approvati due documenti della Presidenza italiana sulle smart city e le comunità energetiche e sulle rinnovabili offshore, e due allegati sulla povertà energetica e sulla sicurezza energetica. Soprattutto nessuno ha messo in dubbio l’Accordo di Parigi: tutti hanno detto che vogliono rispettarlo. Quattro mesi fa diversi paesi non volevano neppure sentire parlare di certi argomenti, ora hanno firmato. C’è stata una maturazione culturale. Non a caso, i lavori si sono aperti con le condoglianze ai delegati di Germania e Olanda per le vittime delle alluvioni”.
Italia leader della transizione
In un’intervista al Corriere della Sera, Cingolani ha sottolineato il ruolo dell’Italia nella transizione ecologica che impegnerà il mondo – come ha sottolineato il ministro americano John Kerry – almeno per i prossimi dieci anni: “L’Italia è oggi vista come un attore molto serio in Europa. Che può fare richieste come quella che permette alla Francia di avere il nucleare e alla Germania il gas del Nord Stream 2. In questi cinque mesi abbiamo anche creato un ministero nuovo. Abbiamo integrato le competenze dell’energia che prima non c’erano. Ci sono tre nuove direzioni generali, guidate da tre donne, e non è un caso. Assumeremo oltre 150 tecnici per valutare e far partire i bandi”.
“Ma soprattutto – prosegue il ministro – abbiamo fatto il decreto semplificazioni. Eliminare quelle strozzature ci permetterà di installare 8 Gigawatt da fonti rinnovabili all’anno per i prossimi 9 anni. È come se otto città all’anno venissero alimentate da energia da fonti rinnovabili. Puntiamo a ridurre del 50% i rifiuti urbani e a frenare il consumo del suolo, che per un Paese come il nostro è fondamentale. Questo per la nostra parte, e non finisce lì: abbiamo individuato 44 famiglie di interventi. Ma se non ci fosse stato il G20, e senza impegni concreti sulla decarbonizzazione alla COP 26 di Glasgow co-presieduta da noi e dagli inglesi, è chiaro che da soli possiamo fare ben poco per il clima e lo sviluppo. I cambiamenti climatici non si fermano ai confini degli Stati”.
Auto elettrica, ma con energia da fonte rinnovabile
Sul tema delle auto elettriche, il ministro italiano ha ribadito la necessità di rinnovare i 12 milioni di auto altamente inquinanti, attraverso aiuti e incentivi, non solo al consumatore finale ma a tutta la filiera di produzione: “Serve una rete intelligente per gestire una richiesta di elettricità altalenante – ha dichiarato Cingolani – Con il Pnrr investiamo su quello. E servono quelle 30 mila centraline di ricarica che ci siamo impegnati ad installare. La produzione elettrica deve diventare sempre più rinnovabile, perché se per far circolare un’auto elettrica uso energia da fonti fossili, o peggio da carbone, non facciamo nessun progresso”.