Occorre, innanzitutto, premettere che l’inquinamento è inquadrato nella categoria degli illeciti permanenti, ossia fintanto che perdura lo stato di contaminazione, sussiste l’illecito e, quindi, l’obbligo a bonificare.
Tale inquadramento ha permesso di applicare la più recente e specifica normativa in materia di bonifiche anche alle contaminazioni c.d. “storiche”, ossia quelle il cui evento causativo è avvenuto prima dell’entrata in vigore di tale normativa.
Poiché, dunque, una contaminazione “storica” richiede comunque oggi l’intervento da parte del soggetto responsabile, assume rilievo fondamentale riuscire ad individuare correttamente tale soggetto.
In caso di successione di imprese che hanno operato nel sito, tale individuazione può risultare particolarmente difficile.
Il problema non è solo tecnico, ma anche giuridico.
Se da un lato, è affidato ai tecnici il compito di “datare” la contaminazione al fine di ricondurre l’evento inquinante al soggetto che allora gestiva l’area (sempre che l’evento sia stato causato da tale operatore), dall’altro, tale operazione non sempre è sufficiente ad individuare colui che oggi è obbligato alla bonifica.
Da un punto di vista giuridico, infatti, occorre altresì verificare come i diversi operatori si siano succeduti nella gestione del sito e, quindi, se l’obbligo a bonificare sia stato trasferito da un operatore all’altro.
Tale ulteriore approfondimento è importante, non solo per regolare i rapporti tra i privati, ma anche per impostare correttamente la procedura di bonifica ai sensi del D.Lgs. 152/06, specialmente quando avviata d’ufficio dagli enti con la notifica dell’ordinanza ex art. 244 del citato decreto legislativo.
Tale ordinanza, infatti, nel rispetto del principio “chi inquina, paga” su cui si fonda l’intero impianto normativo del D.Lgs. 152/06, deve essere rivolta necessariamente al soggetto responsabile.
La notifica al proprietario incolpevole è unicamente finalizzata a permettere a questo di intervenire volontariamente nella procedura onde evitare la bonifica d’ufficio, con conseguente apposizione dell’onere reale sull’area ai sensi dell’art. 253 del D.Lgs. 152/06.
Pertanto, nel caso in cui diversi operatori industriali si siano succeduti nella gestione di un sito produttivo, l’eventuale ordine di bonifica non può essere rivolto indiscriminatamente all’ultimo gestore o al proprietario del sito, ma deve essere individuato il gestore o i gestori che hanno causato o contribuito alla contaminazione.
L’ultimo gestore potrà essere chiamato a bonificare solo nel caso in cui l’obbligo sorto in capo ai predecessori sia stato trasferito in capo a questo.
Pertanto, al fine di accertare se tale passaggio di responsabilità sia effettivamente avvenuto, occorre verificare se il cambio di gestione del sito sia stato concordato attraverso la compravendita del complesso immobiliare con subentro di un distinto soggetto giuridico ovvero se sia avvenuto attraverso vicende societarie quali fusioni, incorporazioni, acquisto di partecipazioni.
Nel primo caso, il nuovo proprietario del sito non potrà essere ritenuto responsabile per le contaminazioni causate dai precedenti operatori, in quanto lo stesso è un soggetto nuovo e indipendente che non è subentrato – salvi specifici accordi contrattuali – negli obblighi del venditore del complesso produttivo.
Nel secondo caso, invece, sarebbe intervenuta una successione a titolo universale con conseguente trasferimento di tutti gli obblighi, anche quelli di bonifica, in capo al successore.
Compiuto tale primo distinguo, occorre comunque comprendere entro quali termini sia trasferibile l’obbligo di bonifica.
Sul punto, è intervenuta anche la giurisprudenza amministrativa a fornire utili chiarimenti.
Il TAR Lombardia, con sentenza n. 1913/2007, pronunciandosi proprio su un caso di successione di imprese nella gestione di un sito produttivo, ha affermato che gli obblighi trasferibili da una società all’altra (successione tra imprese, nel caso considerato dalla sentenza, per incorporazione) sono solo quelli sorti prima dell’atto di incorporazione, momento in cui avviene l’estinzione del soggetto incorporato.
Rispetto alle bonifiche, dunque, il Tribunale lombardo ha ritenuto che nessun obbligo a bonificare potesse ritenersi sorto prima dell’entrata in vigore della normativa posta a tutela del suolo e sottosuolo e che, quindi, nessun obbligo potesse essere stato trasmesso prima di tale data a seguito di successione universale tra imprese.
La sentenza citata, quindi, prendeva posizione rispetto alle contaminazioni storiche e, seppur confermando la validità dei principi stabiliti dalla giurisprudenza amministrativa rispetto alla contaminazione quale illecito permanente, escludeva comunque l’obbligo di bonificare un sito afflitto da una contaminazione storica, nel caso in cui tale obbligo fosse sorto successivamente all’estinzione del soggetto che aveva causato la contaminazione.
La sentenza del TAR è stata poco dopo oggetto di riforma da parte del Consiglio di Stato (n. 6055/08), pur confermando le conclusioni raggiunte in primo grado (esclusione dell’obbligo del successore di dover ottemperare all’ordine di bonifica ex D.Lgs. 22/97), ha fornito importanti chiarimenti e distingui.
Il Giudice di seconda istanza, infatti, ha riconosciuto che un obbligo a risarcire il danno derivante dalla contaminazione poteva, invero, sorgere anche anteriormente all’entrata in vigore della L. n. 349/89 (o comunque delle prime normative poste a tutela del suolo), in quanto l’inquinamento rappresenta comunque una condotta illecita ai sensi dell’art. 2043 c.c., a cui consegue – per l’appunto – un obbligo a risarcire, anche in forma specifica, il danno arrecato.
Tuttavia, il Consiglio di Stato ha precisato che il presupposto giuridico per l’emissione dell’ordinanza di bonifica da parte dell’amministrazione comunale traeva origine dall’art. 17 del Decreto Ronchi (ora art. 244 del D.Lgs. 152/06), norma speciale in materia di bonifiche, che – ad avviso del Collegio giudicante – non discendeva (“continuità normativa”) dalla generale responsabilità aquiliana, ma vivrebbe di vita propria.
La decisione di secondo grado chiarisce che “anche ponendo a confronto l’art. 17 con il plesso normativo composto dagli artt. 2043, 2050 (considerata l’obiettiva pericolosità dell’attività industriale di produzione di coloranti) e 2058 (sul risarcimento in forma specifica), le differenze tra gli istituti rispettivamente disciplinati sono talmente numerose e tanto profonde, da non consentire la formulazione di alcun giudizio di continuità tra le stesse”.
Tra le maggiori differenze, la decisione mette in evidenza che l’art. 17 del D.Lgs. 22/97 postula sempre un procedimento amministrativo, che tale procedimento è attivabile anche solo in caso di pericolo di contaminazione (e, quindi, non richiede necessariamente l’accertamento del danno) e che la norma in esame costituisce, almeno inizialmente, un obbligo di attivazione e non tanto – o meglio non immediatamente – di ripristino.
Pertanto, sulla base di tali differenze, la sentenza in commento conclude ritenendo che non possono essere stati trasmessi gli obblighi sorti ai sensi del Decreto Ronchi, qualora la successione tra imprese sia avvenuta anteriormente all’entrata in vigore di tale normativa.
In realtà, il Consiglio di Stato, pur non entrando nel merito della questione, lascerebbe intendere che nei confronti dei successori sia addebitabile, invece, una generica responsabilità per danno ingiusto, con conseguente obbligo di ristorazione del danno stesso.
Secondo il Collegio giudicante, infatti, tale obbligo sarebbe sorto prima dell’incorporazione della società che aveva posto in essere la condotta illegittima e, quindi, sarebbe stato trasferito in capo al successore.
La conseguente azione di risarcimento, tuttavia, esula dalle competenze del giudice amministrativo, avendo natura prettamente civilistica e non coincide con le ordinanze di bonifica emanate ai sensi del Decreto Ronchi (oggi D.Lgs. 152/06).
Alla luce delle indicazioni fornite dalle due sentenze sopra richiamate, emerge che l’obbligo di bonifica è trasmissibile in caso di successione di imprese, ma bisogna distinguere tra l’obbligo al risarcimento danni per fatto illecito (ossia per quelle contaminazioni causate prima dell’entrata in vigore della normativa a tutela del suolo) e l’obbligo di seguire la procedura amministrativa ex D.Lgs. 152/06 (per quelle contaminazioni più recenti).
Questo distinguo assume rilievo soprattutto per gli enti locali che devono avviare la corretta azione nei confronti del responsabile o del suo successore.
Sotto altro e diverso profilo, occorre considerare anche il caso in cui la contaminazione sia stata provocata e aggravata nel tempo da diversi operatori che, tuttavia, non sono succeduti giuridicamente l’uno all’altro.
Si pone, dunque, il problema di comprendere se tra questi soggetti esista una responsabilità solidale a bonificare il sito ovvero se ognuno sia tenuto a contribuire alla bonifica solo pro quota.
Sul punto, il TAR Toscana, pronunciandosi in sede cautelare, aveva limitato la responsabilità dell’ultimo soggetto che aveva operato sul sito, rilevando che “non tutto l’inquinamento sia attribuibile alla ricorrente, atteso il succedersi nel tempo di più soggetti, a vario titolo, nel sito in questione” (TAR Toscana, ordinanza cautelare nel ricorso n.r.g. 1545/2002).
Tale pronuncia seguiva l’impostazione dell’art. 18 della L. 349/89, secondo cui “nei casi di concorso nello stesso evento di danno, ciascuno risponde nei limiti della propria responsabilità individuale”, previsione oggi abrogata.
Altra parte della giurisprudenza (TAR Veneto, sent. n. 2174/2005 e Cass. Civile n. 5421/200), invece, ha riconosciuto una responsabilità solidale tra i vari soggetti responsabili che hanno contribuito alla contaminazione.
Tale orientamento, tuttavia, sarebbe limitato al solo caso in cui diversi soggetti abbiano contribuito ad unico evento contaminante (gestendo – ad esempio – lo stesso impianto da cui è originata la contaminazione).
Viceversa, qualora la contaminazione dovesse essere ascrivibile a più eventi diversi tra loro, gli operatori coinvolti risponderebbero ognuno a seconda del rispettivo contributo.
Quanto appena illustrato, evidenzia chiaramente la necessità di impostare con le dovute cautele l’acquisizione di siti produttivi o di società proprietarie di siti produttivi adottando le opportune misure tecniche e giuridiche volte ad evitare di assumere la qualifica di responsabili della contaminazione con ogni conseguente obbligo di bonifica ovvero a limitare il rischio di vedersi addossati oneri per illeciti compiuti dai venditori o dai precedenti gestori del sito.
Con il presente contributo, dunque, si spera di aver riepilogato chiaramente, seppur in modo sintetico, il quadro delle responsabilità delle società che si succedono nella gestione di un sito produttivo rispetto agli obblighi di bonifica.
BIBLIOGRAFIA
F. Fonderico “L’evoluzione della Legislazione ambientale”, www.giuristiambientali.it
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L. Prati, “Il danno ambientale e la bonifica dei siti contaminati” – Ipsoa
F. Vanetti “Bonifiche: successione tra imprese e inquinamenti storici (TAR Lombardia sent. n. 1913/2007)” – Ambiente e Sicurezza – Ipsoa