Tre anni fa, la politica spezzina s’era infiammata, sull’opportunità o meno di avviare in Arsenale una nuova epoca di demolizioni navali, seppure “green”.
Il fronte ambientalista aveva drizzato le antenne, s’era molto discusso. Piombino aveva tentato di farsi avanti, ma l’allora sindaco Massimo Federici aveva sposato la novità, osteggiata invece dall’allora presidente del porto, Lorenzo Forcieri. Tutti e due Pd, visione opposta. Passate le elezioni, avviata la demolizione di nave Carabiniere, nessuno ne ha parlato più. Solo silenzio. Non sono stati diffusi nemmeno i dati, promessi in fase elettorale, sui costi e sui criteri di smaltimento. Oggi, quella che era stata presentata come una «esperienza pilota», pare avviata a concludersi. Ci sarà – pare – la demolizione di Nave Alpino: ma le due navi immediatamente dopo, nella lista delle demolizioni militari, prenderanno la via della Turchia. Si tratta di nave Ardito e nave Audace.
A smantellare i due cacciatorpedinieri gemelli, sarà la Instabul Shipyard. La prima a salutare il golfo, e l’Italia, sarà l’Ardito. L’addio è imminente. Dopo di che, toccherà all’Audace. In termini formali, si tratta di “rifiuti speciali”, codice Ocse GC 030. Partiranno con due distinti trasporti transfrontalieri, dall’Arsenale fino al distretto di Aliaga Izmir. In tutto, 7.500 tonnellate. L’accordo è stato sottoscritto dall’Agenzia Industrie Difesa. Il ministero turco ha espresso parere favorevole. La società ha depositato una fidejussione assicurativa, da 378.782 euro. La Provincia, attraverso il dirigente Marco Casarino, ha attestato la congruità della polizza, disponendo l’immediata comunicazione del ricevimento dei rifiuti, una volta effettuato il trasferimento. Le navi sono già state liberate dall’amianto.
Il capitolo delle demolizioni, passa dunque nelle mani della Turchia. Ci sarà chi tirerà un sospiro di sollievo, chi rimpiangerà. Certo è che La Spezia – dopo il grande accapigliarsi di tre anni fa – è rimasta a guardare: mentre ancora Piombino piange, e Taranto favoleggia di imitare il “modello spezzino”. Il dato di fatto, è che Ardito e Audace finiranno i propri giorni nella zona industriale di Aliaga, dove operano più di 20 siti di riciclaggio, con un migliaio di lavoratori, migranti interni. L’area risulta nella lista di quelle monitorate da Greenpeace, che nel 2002 aveva denunciato la mancanza delle tutele minime, per gli operai e l’ambiente.
L’organizzazione non governativa Shipbreaking Platform, nel 2015 ha dato atto dei miglioramenti, ma ha segnalato che ci sono stati ben 11 casi di infortunio mortale in 5 anni. Secondo il report, rilanciato da Legambiente, le demolizioni avvengono soprattutto fra India, Bangladesh, Pakistan, Cina e Turchia, dove le tutele ambientali e lavorative sono inferiori, ed i costi risultano vantaggiosi, per gli europei. In Bangladesh è emerso un contesto di sfruttamento del lavoro minorile, con salari da fame e nessun dispositivo di protezione. Risulta difficile perfino ottenere dati sulle vittime. La Turchia risulta invece aver aperto all’accesso di ricercatori indipendenti, consulenti ed esperti, avviando una cooperazione con i governi europei, in ambito di smantellamenti militari. Certo è che persiste «un inadeguato monitoraggio ambientale», accanto all’elevato tasso di infortuni.