Senza terra non si mangia e non si beve. Lo sapevano bene i nostri nonni, che spesso di terra vivevano, ma noi dobbiamo averlo dimenticato se ogni secondo ne consumiamo tre metri quadrati, come rilevato recentemente dall’ISPRA. Mentre la legge contro il consumo di suolo giace arenata alla Camera nella speranza di essere approvata chissà quando in Senato, abbiamo a portata di mano un rimedio semplice quanto efficace: fare il compost.
Di questa formidabile medicina per il suolo si è parlato il 4 e 5 dicembre ad Assisi, dove in occasione della Giornata Mondiale del Suolo è stato organizzato il convegno Dalla terra alla Terra. Il suolo tra cambiamenti climatici e nuovi stili di vita per celebrare i venticinque anni del CIC, il Consorzio Italiano Compostatori. Fare compostaggio, oltre a ridurre la quantità di organico che finisce in discarica, quindi le emissioni di CO2 e il percolato, restituisce carbonio al suolo e trasforma il rifiuto in materiale fertilizzante.
Il settore del biowaste in Italia è in crescita: i dati del CIC parlano di 7,1 milioni di tonnellate di organico raccolto, pari al 41,2% di tutta la raccolta differenziata nazionale. L’umido è in aumento del 15% e ci sono 18 nuovi impianti di trattamento. La filiera vale 1,8 miliardi di fatturato e potrebbe arrivare a generare tredici mila posti di lavoro. «Nel 2016 sono stati ricavati 1,9 milioni di tonnellate di compost – dichiara Alessandro Canovai, Presidente CIC – Si tratta di 3,8 milioni di CO2 in meno». I dati parlano di 107,6 kg di organico procapite raccolti in un anno, 7kg in più rispetto al 2015. «Ora l’obiettivo è superare entro il 2025 i 150kg procapite l’anno».
Il settore del biowaste in Italia è in crescita: i dati del CIC parlano di 7,1 milioni di tonnellate di organico raccolto, pari al 41,2% di tutta la raccolta differenziata nazionale. L’umido è in aumento del 15% e ci sono 18 nuovi impianti di trattamento. La filiera vale 1,8 miliardi di fatturato e potrebbe arrivare a generare tredici mila posti di lavoro. «Nel 2016 sono stati ricavati 1,9 milioni di tonnellate di compost – dichiara Alessandro Canovai, Presidente CIC – Si tratta di 3,8 milioni di CO2 in meno». I dati parlano di 107,6 kg di organico procapite raccolti in un anno, 7kg in più rispetto al 2015. «Ora l’obiettivo è superare entro il 2025 i 150kg procapite l’anno».
Oggi, curare e recuperare il suolo attraverso il compost si può e si deve, esorta Luca Mercalli, Presidente della Società Meteorologica Italiana:«Fare compost è una delle cure migliori alla cementificazione e ai cambiamenti climatici. Abbiamo intossicato l’atmosfera e l’ultima estate è stata la seconda più calda della storia, con i 43° di Ferrara, Forlì e Cesena, temperature indiane. Se continuiamo così nel 2100 la Pianura Padana sarà come il Pakistan».
La città di Assisi sembra sulla buona strada: «La raccolta differenziata è iniziata tardi, solo nel 2009 – spiega la sindaca Stefania Proietti – ma negli ultimi due mesi grazie al porta a porta è passata dal 62,4% al 68% di novembre». Inoltre, aggiunge Proietti:«Abbiamo preso l’impegno di rivedere il piano regolatore per azzerare il consumo di suolo entro il 2026. Vogliamo riqualificare e non consumarne altro».
Sulla stessa strada “verde” anche il Sacro Convento, dove in collaborazione con Ministero dell’Ambiente, Arpa, Università di Perugia e CIC sono stati sostituiti i corpi illuminanti con i LED, sono stati inseriti pannelli solari, nascosti per non intaccare la bellezza del luogo, e infissi e vetri termici. «Adesso siamo in classe energetica A2», dichiara orgoglioso Padre Mauro Gambetti, Padre Custode del Sacro Convento, che annuncia l’obiettivo di superare l’80% di differenziata, ripristinare gli antichi orti e un’antica cisterna.
Ma affinché sia una medicina efficace, il compost deve essere di qualità; il 33% di quello prodotto in Italia ha fatto parte del programma di controllo “Compost di Qualit à CIC”, assicurano al Consorzio. Nel suo intervento, Francesco Ferrante, vicepresidente del Kyoto Club, sottolinea la necessità di un sistema efficiente e di un controllo rigoroso della qualità:«Bisogna saper fare autocritica, ad esempio, per aver raccontato come positiva una realtà come Salerno, dove la qualità della differenziata era così scadente da finire nell’indifferenziata. Ci vuole un sistema efficiente, cultura, sanzioni, ma anche gli impianti: il caso di Roma dopo la chiusura di Malagrotta è negativamente emblematico».
C’è un gap notevole, purtroppo, tra il 65% dell’organico raccolto al Nord, il 14% del Centro e il 21% di Sud e isole. «Ma è un problema prevalentemente di impianti – ci tiene a chiarire Canovai – Ci vogliono accordi con le Regioni; ce n’è uno in corso con la Puglia, ne apriremo un altro con la Calabria, stiamo per aprire una sede operativa per il Sud a Napoli. I numeri ci dicono che la raccolta differenziata al Sud si fa, è un problema di infrastrutture. Ci sono impianti che risultano perché registrati ma in realtà non funzionano». Nonostante tutto, al Sud ci sono esempi virtuosi come quello dell’azienda Progeva a Laterza, Taranto: «È partita con i fondi per l’imprenditoria giovanile ed è oggi un punto di riferimento imprenditoriale».
D’altra parte ci vorrebbero più impianti in tutto il territorio nazionale, anche per evitare che i trasporti di rifiuti con conseguenti emissioni di C02 vanifichino l’impegno di chi differenzia. «Riteniamo che si debba creare un tavolo a livello più alto, con il Ministero dell’Ambiente, che riguardi tutto il territorio nazionale con un focus sul Sud – continua Canovai – Ci vuole un approccio “olistico” anche nella politica. Il patto per il suolo va attivato subito».