“A livello globale, gli spostamenti legati alle condizioni meteo colpiscono già circa 20 milioni di persone ogni anno, anche se non tutti possono essere attribuiti direttamente ai cambiamenti climatici”. Così all’Adnkronos l’esperto di migrazioni, John Slocum, ricercatore associato senior presso il Cidob (Barcelona Centre for International Affairs), tra gli speaker all’8° Forum Internazionale su Alimentazione e Nutrizione organizzato dalla Barilla Center for Food&Nutrition, il 4 e 5 dicembre 2017 a Milano.
“Ci sono diversi modi in cui il cambiamento climatico influisce sui modelli della mobilità umana – spiega – Uno è attraverso eventi improvvisi, come tempeste più frequenti e intense che causano inondazioni e/o danni provocati dal vento e che portano le persone a spostarsi. Un altro è attraverso eventi che si verificano nel lungo periodo come l’innalzamento del livello del mare e la desertificazione. Un altro ancora è l’insorgere di conflitti armati nei quali il cambiamento climatico a volte è una componente. Questi fattori generano diversi tipi di migrazioni: la migrazione anticipata, lo spostamento forzato e il trasferimento pianificato”.
“L’innalzamento del livello del mare colpisce le Nazioni insulari, le città e le comunità costiere di tutto il mondo (Paesi come le Fiji, il Kiribati e il Bangladesh hanno più volte manifestato questo rischio) – continua – Le variazioni delle precipitazioni e l’aumento delle temperature mettono a rischio la produttività agricola e la sicurezza alimentare. In particolare, l’aumento delle temperature sta rendendo alcune parti del mondo meno abitabili. I rischi sono generalmente più elevati per i Paesi più poveri e, nei Paesi più ricchi, per le popolazioni emarginate e vulnerabili, comprese quelle indigene”.
Tutto questo spinge milioni di persone a spostarsi, un fenomeno globale per il quale è però difficile fare previsioni. “È difficile prevedere il livello dei futuri spostamenti legati al clima. Tale fenomeno si sta già verificando ed è probabile che aumenti – aggiunge l’esperto – La maggior parte dei fenomeni di mobilità legati al clima (migrazione, spostamento e trasferimento) si registrano all’interno dei confini nazionali ed è facile pensare che la situazione resterà tale anche nei prossimi anni. L’innalzamento del livello del mare è una delle cause più prevedibili di migrazione, ma le stime sulla portata di questo fenomeno variano considerevolmente tra i diversi scenari di riscaldamento globale”.
Intervenire, dunque, è necessario, e va fatto a tutti i livelli. “I Governi dovranno agire da subito per rispondere alle sfide di questo tipo di migrazione e devono superare il concetto di sicurezza nazionale che troppo spesso domina il dibattito politico. Già oggi ci sono valide iniziative internazionali. Per esempio, il ‘Platform on Disaster Displacement’, un’iniziativa internazionale volontaria che promuove le buone pratiche e lo sviluppo di capacità che possono aiutare i governi e gli stakeholder a proteggere gli sfollati dai disastri naturali e dagli effetti dei cambiamenti climatici”, dice.
Da parte loro, “le imprese e i cittadini possono spingere i governi a mettere in campo azioni per mitigare il cambiamento climatico e adottare misure per ridurre le proprie emissioni di CO2. Inoltre, dovrebbero richiedere ai governi nazionali e locali di adottare misure basate sul rispetto dei diritti umani in risposta alle sfide del cambiamento climatico e della mobilità umana, incoraggiando i governi e i donatori privati a fornire supporto alle comunità colpite in modo da potersi preparare in anticipo a fronteggiare le sfide future”, conclude Slocum.