Adeguare il modello agricolo, investire su interventi strutturali a salvaguardia dei corsi d’acqua e finalizzati a preservare le falde e sanare i ritardi di attuazione dei Piani di settore.
Sulla siccità Legambiente dice basta a interventi solo emergenziali o a proposte di scorciatoie dannose come i progetti di grandi dighe. L’associazione, in un documento inviato a consiglieri regionali e addetti ai lavori, analizza i problemi e chiede un vero piano di interventi anti-siccità per il futuro, con risorse adeguate e un approccio scientifico e multidisciplinare. Recuperando il tempo perduto per attuare gli interventi che da anni sono previsti nei Piani di settore.
Secondo Legambiente la presente crisi non è un fatto episodico ma la situazione con cui sempre più dovremo convivere in futuro. Le relazioni delle Università, degli stessi centri meteo ARPAE, attestano come il clima sia cambiato anche in Emilia-Romagna. E’ un dato di fatto che le emergenze idriche siano sempre più frequenti, con piogge violente ma di brevissima durata alternate a lunghi periodi di siccità.
“Non ci sono soluzioni semplici alle emergenze idriche – dice Legambiente – servono interventi strutturali multidisciplinari e cabine di regia forti a scala di bacino che garantiscano le portate del Po anche nel suo tratto finale e prevengano i conflitti tra territori”. C’è infatti un rapporto di 20 ad 1 tra i prelievi sul grande fiume fatti in Piemonte e Lombardia rispetto a quelli Emiliani, senza contare il controllo che avviene a monte sui grandi laghi.
Anche sulle opere utili occorre mettere in campo interventi diffusi e non più differibili. “Non parliamo delle grandi opere – continua l’associazione – che ad ogni periodo siccitoso rispuntano dai cassetti, come la diga di Vetto, ma di politiche di corretta gestione dei corsi d’acqua. Creare una rete di piccoli invasi e ridare spazio agli alvei dei fiumi, interventi che oltre a laminarne le piene e rallentarne la corrente, favoriscono la naturale ricarica delle falde sotterranee: un grande bacino idrico nascosto, non soggetto ad evaporazione, e di fondamentale importanza per il territorio”.
Purtroppo la politica locale ha buttato energie e risorse sulla promozione di troppe opere inutili (si pensi agli impegni profusi per la realizzazione di nuove autostrade) tralasciando quelle che nel pieno dei cambiamenti climatici si rivelano davvero fondamentali per garantire esigenze primarie (acqua potabile e vita degli ecosistemi) e la tenuta di settori strategici (agricoltura, turismo).
Sulle politiche di sicurezza idraulica invece occorre abbandonare una visione che procede per compartimenti stagni. Emblematico è il caso del progetto delle casse di espansione sul torrente Baganza che a fronte di una spesa di 55 milioni di euro e un invaso ciclopico, non avrebbe effetti sulla disponibilità idrica a fini agricoli.
Occorre agire con urgenza anche sul lato dei consumi e che ogni settore di utilizzo dell’acqua – quelli idroesigenti per primi – si adeguino rapidamente ai nuovi scenari attuando politiche di risparmio. La scarsità della risorsa acqua investe tutti i settori, dal civile all’industriale, con le conflittualità più accese nel settore agricolo, vittima della siccità ed allo stesso tempo grande utilizzatore, in cui si possono ottenere ampi margini di efficienza. Con circa 17 miliardi di metri cubi di prelievi idrici annui – l’agricoltura (inclusa la zootecnia) – costituisce il principale utilizzatore nazionale. È anche il settore che interagisce in modo più evidente sugli ecosistemi, essendo i prelievi irrigui concentrati nel tempo (principalmente da maggio a settembre) e nel periodo di portate più scarse.
Un settore strategico per la produzione di cibo, e di grande valore per l’economia regionale, ma che deve avviare una seria riflessione sulla scelta delle colture e varietà più adatte al clima in mutamento, che deve velocizzare la diffusione di pratiche ecologiche come il biologico – in grado di ridurre i consumi di acqua per ettaro – e la diffusione di pratiche irrigue innovative di precisione.
Scelte queste, che devono accompagnarsi con una politica dei prezzi del prodotto finale che tenga conto delle pratiche colturali più corrette e che non sia indipendente dalle variabilità climatiche. Un passaggio di consapevolezza che chiama in causa la responsabilità della grande distribuzione, e impone politiche di sensibilizzazione dei consumatori su scelte consapevoli. Tutte strade alla portata di mano visto che la quota principale delle risorse pubbliche europee e regionali si concentra sul sostegno all’agricoltura.
Infine Legambiente ricorda che oltre ad adattarsi alle siccità occorre combattere la causa: la lotta al cambiamento climatico deve diventare la vera priorità politica della nostra Regione che, con la sua media di 7 ton/anno di emissione procapite di gas climalteranti, supera notevolmente le medie europee. Serve un impegno concreto nel settore del risparmio energetico, con l’efficientamento di edifici e mezzi di trasporto, oltre che nella produzione di energia da fonti rinnovabili come sole e vento, abbandonando l’idea di grandi invasi idroelettrici, figli del secolo scorso.
Scaricabile qui il documento integrale di Legambiente sugli scenari idrici.