Gli ultimi risultati presentati dal Corepla in un Convegno a Roma lo scorso 4 aprile mostrano un aumento della raccolta differenziata in Italia: in 20 anni si è passati dalle 100 mila tonnellate del 1997 al milione stimato per il 2017 (960.000 tonnellate nel 2016). Tuttavia, per chiudere il cerchio della circular economy, alla raccolta – gestita secondo il modello consortile – deve seguire il riciclo effettivo, che è effettuato dalle imprese. Le aziende italiane che riciclano la plastica lamentano oggi più che mai una forte penalizzazione del comparto, che le rende assolutamente non competitive in Europa.
Si prenda ad esempio in considerazione l’elemento di costo principale per un’azienda che ricicla materie plastiche: il costo della materia prima, ovvero il rifiuto in plastica da riciclare. Una medesima bottiglia in PET oppure un flacone in polietilene ad alta densità di provenienza da raccolta differenziata italiana hanno un prezzo a volte anche doppio di quanto analoghi prodotti vengano pagati in altri paesi europei con diversi sistemi di allocazione/assegnazione rispetto al nostro. Così, per uno stesso lotto di bottiglie, il riciclatore europeo paga attualmente in media 250€/ton, mentre l’azienda italiana circa 450€/ton.
Il contributo ambientale CONAI (CAC), pagato prima dal produttore ed infine dal consumatore italiano per alimentare il sistema di raccolte differenziate e di riciclo nazionale, finisce col creare beneficio per economie non italiane, impoverendo allo stesso tempo la filiera nazionale del riciclo della plastica, che di quel contributo dovrebbe essere il terminale: nonostante la significativa ed importante valorizzazione dei materiali con la trasformazione da rifiuto a risorsa, il Sistema registra una crescente acquisizione degli stessi materiali da parte di operatori esteri, che traggono quindi vantaggio proprio dal nostro sistema “particolarmente” aperto, a danno delle imprese italiane del riciclo.
ASSORIMAP crede che il modello di economia circolare italiano, rappresentato dal Sistema Consortile, seppur virtuoso e addirittura anticipatore di quei principi che oggi in Europa vedono il riciclo meccanico come prioritario rispetto ad altre gestioni dei rifiuti, vada rivisto e corretto in alcune sue parti prima che sia troppo tardi, per ridare forza al comparto industriale senza cui è impossibile chiudere l’anello della circular economy negli imballaggi in plastica.