Le Nazioni Unite si impegnano a proteggere terre, oceani e specie dall’inquinamento, dal degrado e dalla crisi climatica. Lo storico accordo raggiunto dalla conferenza sulla biodiversità (Cop 15), riunita a Montreal in Canada, prevede anche 30 miliardi di dollari annuali di aiuti all’ambiente per i Paesi in via di sviluppo, secondo la bozza pubblicata dalla Cina, di turno alla presidenza a della Cop15.
L’accordo è stato battezzato “Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework” e comprende quattro obiettivi e 23 target da raggiungere entro il 2030 per arrestare e invertire la perdita di biodiversità. Tra i più importanti spicca l’obiettivo 30by30: nei prossimi 7 anni i Paesi firmatari (circa 190, sono fuori Stati Uniti e Vaticano, insieme alla Corea del Nord) dovranno impegnarsi per tutelare almeno il 30% dei loro territori entro la fine del decennio. Nuovi parchi e aree marine, ma che includano anche attività umane benché sostenibili, nel rispetto delle comunità locali ed indigene.
Altro obiettivo importante del GBF è la rigenerazione del 30% degli ecosistemi degradati. Entro la fine del decennio tutti Paesi dovranno bonificare quasi un terzo degli ecosistemi terrestri, acquatici e marini impattati dalle attività umane. Per l’Italia la sfida si gioca sopratutto nelle zone umide e fluviali, le aree costiere (i balneari non apprezzeranno) e le aree alpine, ancora troppo poco tutelate dal turismo invernale.
Qualche delusione sul fronte della riduzione dell’impronta ambientale sulle attività economiche. Senza un target specifico, sarà più difficile adottare azioni di riduzione dell’impronta ecologica di produzione e consumo – uno dei principali fattori di degrado. Anche la riduzione dei pesticidi procede a rilento. Invece che essere gradualmente eliminati, si dovrà genericamente “ridurre il rischio complessivo”, dimezzando l’uso di sostanze chimiche pericolose in agricoltura. Valori.it approfondisce lucie ombre dell’accordo.
4 obiettivi e 23 misure per salvare il pianeta
I delegati degli oltre 190 Paesi dell’Onu che si sono incontrati a Montreal alla COP15 hanno trovato l’accordo intorno a un testo che prevede una serie di obiettivi riuniti in 4 Goals generali, che hanno validità fino al 2050, e 23 Targets che fissano traguardi da raggiungere entro il 2030, ben sintetizzati dall’articolo di Il Bo Live dell’Universtà di Padova.
Il Goal A riguarda la tutela degli ecosistemi e prevede che il numero di specie minacciate da attività antropiche venga ridotto di 10 volte, mentre le estinzioni causate dall’uomo si dovranno ridurre a zero. Il Goal B riguarda i servizi che gli ecosistemi gratuitamente forniscono alle attività umane: a questi deve essere dato valore in modo da incentivarne la preservazione e, dove possibile, l’ampliamento.
La biodiversità è un patrimonio collettivo e in particolare lo è la diversità genetica di tutte le specie viventi, inclusa quella dei microrganismi, contenuta in banche dati che vengono utilizzate in moltissime ricerche scientifiche, incluse quelle che negli ultimi due anni ci hanno consentito di studiare le varianti pandemiche di SarsCoV2 e sviluppare vaccini contro di esse: il Goal C mira a regolamentare l’uso della biodiversità genetica garantendo che i benefici del suo utilizzo siano distribuiti equamente, anche tra le popolazioni indigene.
Ugualmente accessibili a Paesi in via di sviluppo e piccole isole dovrebbero essere i finanziamenti, le tecnologie e le conoscenze che consentono di raggiungere gli obiettivi fissati dal documento di Kunming-Montreal: il Goal D riporta che entro il 2050 serviranno 700 miliardi di dollari l’anno per l’implementazione delle misure di tutela della biodiversità globale.