Gas e nucleare saranno ammessi nella tassonomia europea. Il regolamento che la Commissione europea adotterà il 2 febbraio concede solo “piccole modifiche” rispetto alla bozza inviata il 31 dicembre ai Paesi membri e agli esperti della Piattaforma finanza sostenibile.
È quanto ha dichiarato la Commissaria responsabile del dossier Mairead McGuinness in un’intervista al Frankfurter Allgemeine Zeitung. E le reazioni non si sono fatte attendere.
“Il Parlamento europeo deve fermare questa follia”. Così su Twitter l’eurodeputato Michael Bloss, esponente di primo piano dei Verdi tedeschi a Bruxelles, commentando le ultime notizie sull’inclusione del gas e del nucleare nel testo dell’atto delegato a classificare gli investimenti sostenibili.
Il via libera al nucleare non va giù alla Germania. Ma la componente Verde del governo di Berlino si oppone anche all’inclusione del gas, diversamente dalla posizione ufficiale dell’esecutivo tedesco, che anzi ha esortato la Commissione a eliminare alcuni limiti alla transizione energetica via gas.
Gli esperti UE bocciano la bozza
“Una bozza di legge truffa, dettata dalle lobby e governi europei. Palese l’accordo tra Italia e Francia per sostenere i reciproci interessi nel gas (Roma) e nel nucleare (Parigi)”. Lo spiega a ilfattoquotidiano.it Luca Bonaccorsi, direttore della Finanza Sostenible dell’ong Transport&Enviroment e tra gli autori del rapporto approvato quasi all’unanimità dal Platform for Sustainable Finance (PSF).
“Né nucleare né gas fossile, pur potendo avere un ruolo nell’uscita dal carbone, possono essere inseriti tra le fonti di energia etichettabili come sostenibili e, quindi, utilizzabili (e finanziabili dal Recovery Fund) per la transizione ecologica, come invece si chiede – commenta – Se i governi seguissero le indicazioni di quel testo il green deal e il trattato di Parigi sarebbero entrambi irraggiungibili”.
La Piattaforma Ue sulla finanza sostenibile, organismo creato dalla stessa Commissione per valutare i criteri di screening tecnico sugli investimenti verdi, ha bocciato la bozza di regolamento delegato con cui Bruxelles punta a inserire gas e atomo, seppure a determinate condizioni, nella nuova classificazione delle attività economiche green.
Come sottolineato dal portale di informazione Quale Energia, secondo i paletti posti dalla Commissione le nuove centrali a gas autorizzate entro il 31 dicembre 2030, dovranno utilizzare quote crescenti di biometano o idrogeno (30% dal primo gennaio 2026, 55% dal 2030 e 100% dal 2036) e dovranno generare emissioni dirette inferiori a 270 grammi di CO2 equivalente per kWh, o stare su una media annua di 550 kg CO2eq/kW su un periodo di 20 anni.
Secondo gli esperti della Piattaforma, tuttavia, questi criteri non possono assicurare un contributo sostanziale alla mitigazione del cambiamento climatico; il solo criterio valido è quello che prevede di stare sotto 100 grammi di CO2 eq/kWh sul ciclo di vita.
In tema di nucleare, secondo la Piattaforma, i criteri fissati dalla tassonomia non garantiscono che non ci sia alcun danno significativo per altri obiettivi ambientali, tra cui l’uso sostenibile e la protezione dell’acqua e delle risorse marine, la transizione verso un’economia circolare, la prevenzione e il controllo dell’inquinamento, la protezione e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi.
L’Italia scopre le carte
L’Italia intanto, principale beneficiario dei fondi di Next Generation Ue, chiede tetti di emissioni più permissivi per considerare sostenibile il gas, puntando a conservare lo status quo.
La notizia è stata data da Il Sole 24 ore e Radiocor, agenzia di stampa di Confindustria: “Il governo italiano non ritiene adeguate le scelte della Commissione europea sulla Tassonomia relativamente alle centrali a gas. All’Italia non stanno bene i limiti previsti per riconoscere come ‘verdi’ gli impianti che producono gas: sono considerati troppo bassi”.
Come spiegato nei dettagli dal portale Economia Circolare, per gli impianti autorizzati entro il 31 dicembre 2030, la bozza di tassonomia prevede che le emissioni dirette di gas debbano essere inferiori a 270 g CO2e/kWh (CO2 equivalente per chilowattora), oppure rientrare in una media annuale di 550 kgCO2e/kW. Per gli impianti autorizzati dopo il 31 dicembre 2030 la soglia di emissioni dovrà essere invece inferiore ai 100 g CO2e/kWh.
Un limite accettabile, secondo il governo italiano, sarebbe invece di 340 grammi di Co2/kWh. Oppure una media annuale di 750 kg di Co2/kWh. L’Italia vorrebbe inoltre che il regime transitorio prima di passare ai limiti di emissioni più stringenti fosse prolungato fino al 2035. E che la Commissione considerasse anche, nel calcolo delle emissioni degli impianti a gas, i meccanismi per la cattura del carbonio (CCS) su cui il nostro Paese evidentemente punta come strumento strategico.
Sul nucleare l’Italia non si pronuncia ufficialmente, per quanto il dibattito interno sia acceso da tempo, la tecnologia dell’atomo non rientra ancora tra le maggiori fonti energetiche del Paese.