Il MiTE ha rinnovato l’incarico di Commissario della bonifica di Taranto a Demetrio Martino fino al 31 marzo. Il prefetto sceglierà i profili della struttura di supporto, destinati a collaborare anche con il nuovo futuro incaricato, che sia Martino o altro. L’incarico arriva dopo giorni di polemiche sul dirottamento ad opera del decreto Milleproroghe di alcune somme per la bonifica del SIN di Taranto ai lavori di adeguamento ambientale e sanitario dello stabilimento ex Ilva.
Ad annunciarlo – per ora unico tra i media e le istituzioni – è il Corriere di Taranto: martedì 11 gennaio il Ministero della Transizione Ecologica (MiTE), con nota a firma del Direttore generale della Direzione Generale per il risanamento ambientale (RiA), ha prorogato l’incarico di Commissario Straordinario per gli interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione dell’area di Taranto, al prefetto Demetrio Martino sino al 31 marzo 2022.
L’incarico a Martino è scaduto lo scorso 2 ottobre e il ruolo era rimasto di fatto scoperto, considerato che il 17 novembre è terminato anche il “regime di prorogatio” di 45 giorni.
Al rinnovato prefetto è stato anche assegnato il compito di individuare competenze e requisiti delle figure professionali che dovranno comporre la struttura di supporto alle dipendenze del Commissario: cinque unità di livello non dirigenziale e una unità di livello dirigenziale non generale, appartenenti ai ruoli delle amministrazioni pubbliche. Lo stesso Commissario ha già emanato l’avviso pubblico per l’acquisizione di manifestazioni di interesse e disponibilità.
Il Commissario Straordinario, verificato il possesso dei requisiti richiesti, effettuerà la scelta dei candidati “in base ad una valutazione discrezionale dei curricula allegati alle manifestazioni di interesse e, ove lo ritenga necessario, effettuerà colloqui individuali”. Il prefetto Martino sceglierà così i componenti di una struttura di supporto che di fatto potrebbe affiancare un altro Commissario Straordinario, qualora a scadenza di questa nuova provvisoria nomina, lui stesso non venisse confermato dal MiTE.
L’eredità Corbelli
Martino succede a se stesso, ma ancor prima al Commissario Vera Corbelli, che ha ricoperto l’incarico 2014 al 2020. Sotto il suo mandato il modello Taranto è diventata una best practice nazionale – raccontata anche nella “Carta per le bonifiche” – e internazionale.
I cantieri aperti sono stati molti e complessi tra cui la bonifica del cimitero San Brunone, inquinato dal complesso siderurgico ex Ilva, l’area di Statte, Comune alle porte di Taranto, il Mar Piccolo (con la rimozione del mercato ittico galleggiante) e il rione Tamburi vicino all’acciaieria. Su cimitero, Mar Piccolo e Tamburi i progetti avviati da Corbelli erano giunti nella fase in cui le imprese selezionate dovevano effettuare la dimostrazione tecnologica del loro progetto di bonifica.
Le scelte di Martino
Il 15 novembre, due giorni prima della scadenza della proroga, il Commissario Martino è stato audito in via informale dalla V commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione della Camera dei Deputati. In quell’occasione annunciò di aver deciso di “sospendere e bloccare la gara” del Partenariato per l’innovazione, prevista dal bando per l’affidamento della progettazione definitiva ed esecutiva e della realizzazione degli interventi di risanamento ambientale e messa in sicurezza dei sedimenti nelle aree prioritarie del Mar Piccolo di Taranto seno I mediante dimostrazione tecnologica.
Una decisione che ha destato molte perplessità e commenti apertamente critici su una gestione della Bonifica che apparirebbe più politica che tecnica.
I soldi dirottati
Ed è nuovamente l’intervento della politica, con il recente decreto Milleproroghe, a destare proteste da ogni parte. L’art. 21 “Imprese di interesse strategico nazionale”, infatti, prevede una revisione delle norme sull’utilizzo dei fondi sequestrati alla famiglia Riva, acquisite dall’amministrazione straordinaria dell’acciaieria. Le somme finora rimaste inutilizzate, che secondo la relazione illustrativa sono in tutto 575 milioni, dovrebbero andare nello specifico a finanziare “progetti di decarbonizzazione ed elettrificazione del ciclo produttivo dell’acciaio”. La norma prevede in particolare che 450 milioni vadano all’attuazione del piano ambientale e di tutela sanitaria e 190 milioni alla bonifica del sito del siderurgico di Taranto e della connessa centrale termoelettrica.
Il decreto Milleproroghe deve ancora passare all’esame di Camera e Senato ma sul possibile dirottamento tuona Legambiente: “L’inaccettabile spostamento delle risorse dedicate alle bonifiche va immediatamente stralciato dal decreto milleproroghe. La decarbonizzazione dello stabilimento siderurgico deve andare di pari passo col risanamento ambientale dei siti inquinati”.
Le bonifiche del Sin di Taranto e, in particolare del Mar Piccolo, continuano a non vedere l’inizio nonostante le decine di milioni di euro già stanziati a tale scopo.Legambiente chiede quindi al Governo, con urgenza, di tornare a dedicare al risanamento ambientale e alla tutela della salute degli abitanti di Taranto l’attenzione dovuta “ad una città che continua a contare i morti causati da anni di inquinamento fuori controllo”.
Legambiente chiede inoltre che “si faccia trasparenza sulla gestione delle ingenti risorse rivenienti dalla famiglia Riva, sia in ordine alle somme già spese che a quelle impegnate, rendendo noto il cronoprogramma relativo alle bonifiche delle aree gestite dai commissari di Ilva in amministrazione straordinaria (a.s.). Il Ministero della transizione ecologica respinga al mittente l’assurda richiesta di Acciaierie d’Italia di “annacquare” l’A.I.A. in vigore riducendo i tempi di distillazione del coke e, piuttosto, agisca in modo da concluderne nel più breve tempo possibile il riesame, proprio sulla scorta della Valutazione del Danno Sanitario in suo possesso”.
La salute o il lavoro?
Secondo il coordinatore provinciale dell’Usb Francesco Rizzo, intervenuto durante il presidio davanti alla prefettura di Taranto, a cui partecipano anche esponenti politici, movimenti ambientalisti e associazioni di categoria: “C’è un problema di liquidità gigantesco da parte di Acciaierie d’Italia. Questi soldi serviranno a garantire le banche ma saranno sottratti alla comunità e ai lavoratori di Ilva in a.s. che dovrebbero essere utilizzati per le bonifiche. L’altro problema grosso è che Ilva in a.s. senza quei fondi non ha vita lunga e 1500 lavoratori in cassa integrazione straordinaria rischiano di non avere futuro”.