Oltre 480 mila euro per affidare i servizi di verifica della progettazione degli interventi di bonifica del Lotto 1 Fondiarie, secondo quanto previsto dall’articolo 26 del Codice dei Contratti Pubblici. È questo l’oggetto della procedura di gara pubblicata da Invitalia nell’ambito del più ampio programma di bonifica e rilancio dell’ex area industriale di Bagnoli-Coroglio, di cui è soggetto attuatore.
Una bonifica che dal 2015 al 2018 ha fatto spendere quasi 900 milioni di euro per ottenere risultati che la Corte dei Conti ha definito “talvolta anche peggiorativi” nell’ultima relazione sullo stato dei finanziamenti per l’area, a dicembre 2020.
Il nuovo bando
La verifica di Invitalia è finalizzata ad accertare la conformità degli elaborati progettuali ai documenti previsti dall’articolo 23 del Codice dei Contratti Pubblici e alla normativa vigente. In particolare, le attività di verifica riguardano il progetto definitivo ed esecutivo degli interventi di bonifica e risanamento ambientale del Lotto Fondiarie (Area Tematica 2, 1f E 1b2), che saranno elaborati sulla base del “Progetto di Fattibilità Tecnico Economica delle bonifiche e del risanamento” redatto da Invitalia e presentato in Conferenza dei Servizi Preliminare.
Si stima che i lavori di bonifica oggetto di verifica abbiano un valore di oltre 50 milioni di euro. Per presentare le offerte c’è tempo fino al 15 febbraio 2021. Tutte le informazioni sono disponibili sulla piattaforma gare e appalti di INVITALIA.
La storia infinita di una bonifica mai cominciata
Nell’ultima relazione sullo stato dei finanziamenti per l’area dell’ex Italsider la Corte dei Conti ha analizzato gli avvenimenti dal 2015 al 2018 (con aggiornamenti a luglio 2020). Ne emerge un quadro desolante che non salva nessuno: da Bagnoli Futura a Invitalia, dagli enti locali ai ministeri, passando per i commissari straordinari.
La storia inizia nel 1911 quando il borgo di Bagnoli (fino ad allora luogo di villeggiatura termale) ospita le fondamenta e la costruzione del grande stabilimento Ilva, l’azienda siderurgica che nel 1961 diventa Italsider. Negli anni successivi, l’area conferma la sua vocazione industriale con l’arrivo di Eternit, Cementir e Montecatini. L’attività dello stabilimento siderurgico Ilva-Italsider finisce nel 1991, e sulla carta il processo di riqualificazione parte nel 1994. Da allora si sono avvicendati bandi e progetti, governi ed enti locali, senza che nessuno portasse a compimento la riqualificazione dell’area.
Gli anni 2015-2018
La storia recente non sembra essere diversa, come racconta con dati e dettagli l’articolo de Il fatto Quotidiano uscito a dicembre, contestualmente alla relazione sul controllo dei finanziamenti destinati a Bagnoli. I magistrati contabili, infatti, hanno rilevato “criticità e ritardi negli interventi tra il 2015 ed il 2018″ che hanno consentito di realizzare finora “soltanto attività di studio e di caratterizzazione”.
I soldi spesi
Nel periodo in esame sono stati assegnati solo a Invitalia 442,7 milioni di euro, di cui 87,5 effettivamente erogati. Una cifra che si aggiunge ai 117 milioni e ai 285 milioni erogati precedentemente a Bagnoli spa e Bagnolifutura, dichiarata fallita nel 2014 e al centro di un processo arrivato al secondo grado di giudizio. E se, da luglio 2015 a dicembre 2018, le spese per il mantenimento dei due gruppi di lavoro di Invitalia ammontano a 17,2 milioni di euro, le realizzazioni hanno riguardato solo la fase di studio e di ‘caratterizzazione’ delle aree, ossia le attività necessarie prima di progettare gli interventi di bonifica e di risanamento “peraltro ancora in corso”.
Le criticità del Piano
“Criticità vi sono anche nello stralcio di piano urbanistico di risanamento ambientale”, adottato dal commissario Francesco Floro Flores nel 2019, con il quale è stata individuata la destinazione urbanistica dell’area all’interno del sito, step fondamentale per la programmazione delle opere di bonifica. “Lo stesso piano però – rileva la Corte dei Conti – presenta criticità sia sotto il profilo della definizione delle strutture da realizzarsi, sia sotto quello di una non puntuale previsione finanziaria”.
La colmata a mare di rifiuti industriali
Infine “resta urgente da affrontare il problema della rimozione della colmata a mare e della ex area Eternit“. Una collina di rifiuti industriali accumulati su 220 ettari sottratti al mare, la cui rimozione è prevista da vent’anni: ad oggi non sono stati ancora individuati i siti nei quali destinare l’enorme quantità di materiali inquinanti provenienti dalla rimozione della colmata, nonché dai sedimenti dei fondali marini e dall’amianto proveniente dall’area ex Eternit.
A fronte di tutto ciò la Corte dei Conti sottolinea la necessità che tutti i soggetti interessati operino in Cabina di regia e in Conferenza dei servizi. Quindi anche il Ministero per i Beni e le attività culturali, per evitare “che l’applicazione di prescrizioni o veti comporti ritardi sul cronoprogramma con conseguente aggravio di costi”.