Via gli schermi dei generatori alla centrale elettronucleare di Latina a Borgo Sabotino. È cominciata la fase operativa di demolizione della prima centrale nucleare realizzata in Italia, operativa dal ’63 all’87. Uno smantellamento destinato a cambiare in sette anni lo skyline della costa pontina.
L’operazione
Il piano di Sogin prevede lo smantellamento di circa 600 blocchi in calcestruzzo armato di 2,2 tonnellate ciascuno per un totale di 1.200 tonnellate. La “fase 1” è partita il 4 agosto con la “demolizione degli schermi di protezione delle condotte superiori della CO2”. Si tratta di smantellare gli schermi che isolavano dall’esterno le condotte superiori di collegamento fra i sei boiler e l’edificio reattore.
Gli operai hanno tagliato con disco diamantato il primo “concio” di calcestruzzo armato del peso di 2 tonnellate, a 50 metri d’altezza – sul sito di Repubblica il video – lo hanno poi agganciato e portato a terra con una gru gigantesca. Le operazioni sono affidate a DAF Demolizioni.
Questa fase si concluderà nel gennaio 2021. Poi toccherà ai boiler. La disattivazione della centrale, infatti, prevede un piano a tappe per aggredire l’edificio esterno della centrale. Resterà ancora (a lungo) in sicurezza la parte che custodisce la grafite, almeno finché in Italia non entrerà in esercizio il deposito nazionale delle scorie nucleari.
L’operazione di decommissioning, programmata da qui al 2027 costa circa 280 milioni di euro e prevede l’abbassamento della struttura da 53 a 38 metri. L’intervento aveva ricevuto l’autorizzazione lo scorso maggio dal ministero dello Sviluppo Economico, su parere dell’Autorità di sicurezza nucleare (Isin) e delle altre istituzioni competenti.
Una tecnica unica in Italia
“L’operazione in corso a Latina è unica in Italia” ha spiegato a SkyTG24 Agostino Rivieccio, responsabile Sogin (società pubblica che si occupa dello smantellamento degli impianti nucleari italiani). Questa centrale appartiene alla prima generazione di impianti nucleari con un reattore a gas grafite, GCR-Magnox, differente dagli altri impianti nucleari come Caorso, Garigliano e Trino che sono ad acqua bollente e ad acqua in pressione.
Gli schermi, su cui si concentra la fase 1 del piano, sono le strutture in calcestruzzo armato che isolavano dall’esterno le condotte superiori di collegamento fra i sei boiler e l’edificio reattore. Ogni schermo è costituito da due parti: un elemento superiore orizzontale, collegato all’edificio reattore, di circa 145 tonnellate e uno inferiore verticale, in uscita dai boiler, di circa 50 tonnellate.
La tecnica adottata da Sogin per la loro rimozione è la demolizione controllata con taglio in quota, a circa 50 metri d’altezza, mediante disco diamantato, e la successiva movimentazione a terra dei blocchi sezionati, di circa 2 tonnellate ciascuno, con gru a torre appositamente installata. In seguito è previsto il trasferimento dei singoli blocchi in un’area attrezzata per separare il ferro dal calcestruzzo. Il materiale verrà poi inviato a recupero.
“Questa soluzione ingegneristica – sottolineano gli esperti Sogin – garantisce la massima sicurezza nello svolgimento dei lavori e il minimo impatto per le strutture”.
Il 93% del materiale sarà inviato a recupero
Complessivamente lo smantellamento della centrale di Latina produrrà circa 319mila tonnellate di materiali. Di queste saranno inviate a recupero circa 297mila tonnellate, pari al 93%, per la maggior parte composte da metalli e calcestruzzo.
È uno dei dati che emerge dal maxi piano di demolizione che utilizza “soluzioni ingegneristiche per garantire la massima sicurezza” e prevede un capitolo ad hoc per una strategia di “economia circolare”. “Sogin è impegnata nell’implementazione di una strategia di riduzione dell’impatto ambientale delle attività di decommissioning nucleare fin dalla fase di progettazione” si legge nel piano per la centrale di Latina, anche con la separazione, il riutilizzo e l’invio a recupero dei materiali metallici (ferro e rame) e del calcestruzzo.
Le scorie attendono il deposito
Per intervenire sul reattore vero e proprio con la grafite sarà necessario attendere il Deposito nazionale che l’Italia aspetta da tempo. La Cnapi, Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee a ospitarli, a gennaio 2015 ha individuato 100 possibili siti, ma da allora è rimasta chiusa in un cassetto.
Intanto a Latina – come racconta AskaNews – i tecnici Sogin stanno studiando le modalità più opportune per la rimozione della grafite del reattore. “Gli unici che si stanno cimentando in questa attività siamo noi italiani della centrale di Latina – chiarisce Rivieccio – Insieme a un gruppo di francesi con una collaborazione che si sta portando avanti negli anni. Ma indipendentemente da questa collaborazione qui a Latina portiamo avanti i nostri studi e prossimamente inizieremo delle caratterizzazioni dal punto di vista meccanico della grafite perché vogliamo vedere meccanicamente che cosa è successo durante l’esercizio per capire cosa succederà nel momento in cui andremo ad estrarre dal reattore i blocchi di grafite”.