Il Gruppo Vergero realtà di rilevanza nazionale con sede a Torino e oltre 30 anni di esperienza nella gestione dei rifiuti industriali e agricoli ha svolto, in quanto osservatorio privilegiato, un’analisi sul settore del riciclo dei rifiuti industriali post emergenza Coronavirus al fine di indagare gli eventuali impatti della pandemia sulla green economy e ciò che ne emerge è una potenziale riduzione della spinta al recupero e al riciclo dei materiali industriali di scarto.
Meno rifiuti, meno riciclo
Il rallentamento del settore industriale ha, infatti, limitato la produzione di rifiuti e sebbene nel breve periodo il fatto possa sembrare un segnale positivo a livello ambientale, a lungo termine questo cambiamento potrebbe causare un rallentamento della corsa al riciclo, che durante gli ultimi anni ha avuto un grande incremento da parte di tutti gli operatori del settore.
Prima della pandemia, il costo del conferimento dei rifiuti in discarica è sempre stato in crescita e, a causa della grande richiesta in particolari periodi i prezzi potevano anche subir e impennate. Questo aveva spinto sempre più le aziende di ogni dimensione a cercare partner competenti in grado di valorizzare al massimo i rifiuti potenzialmente recuperabili trasformandoli in nuove materie prime di valore. Con il crollo della produzione industriale, però, questo circolo virtuoso che da anni spinge i player del settore a investire in innovazione e tecnologia per il miglioramento dei sistemi di recupero, potrebbe essere minato dal lo stazionamento dei prezzi per il conferimento dei rifiuti in discarica rendendo più semplice e meno costoso decidere di non recuperare ciò che invece potrebbe trasformarsi in una nuova risorsa grazie ad investimenti in ricerca e sviluppo.
“Il crollo della produzione industriale ha comportato per i mesi di marzo e aprile una caduta verticale nel conferimento dei rifiuti riciclabili, da noi stimata intorno al 65% – afferma Virginia Vergero, Responsabile Innovazione di Processi e Comunicazione del Gruppo Vergero – La situazione potrebbe generare un allentamento delle attenzioni dei decisori pubblici e privati nel ridurre l’impatto ambientale degli scarti con la conversione in una nuova materia prima e, di fatto, mandare in crisi un circolo virtuoso che si è sempre più consolidato negli ultimi anni”.
Le ricadute occupazionali
La messa in crisi di questo importante segmento del settore dell’economia circolare che, nel complesso, dà lavoro in Italia a circa 517.000 persone (ultimi dati disponibili: Eurostat, 2017) potrebbe, inoltre, incidere negativamente sui dati occupazionali del nostro Paese: gli impianti di recupero necessitano di molta più manodopera rispetto a quelli di semplice smaltimento, esuberi che quindi difficilmente potrebbero essere ricollocati grazie all’utilizzo delle discariche.
“Come Gruppo che lavora in questo campo da più di 30 anni – conclude Virginia Vergero – ci rendiamo conto che, a maggior ragione adesso, dopo lo spartiacque della pandemia, non va allentata la guardia Non solo per una ragione di business, ma per il benessere del nostro territorio Da sempre, infatti, cerchiamo anche attraverso la nostra attività di consulenza di aumentare le attività di responsabilità sociale e d’impatto positivo
sull’ambiente di tutti i nostri clienti e partner. La condivisione delle informazioni è importante per una valorizzazione di tutta la filiera e soprattutto non deve mai perdersi la spinta all’innovazione“.